Se la contrapposizione tra il bene ed il male sia il leit-motiv della serata non lo sappiamo per certo, ma lo si può intuire in una certa qual misura artistica a giudicare dalle forme e dai contenuti promossi in queste esibizioni.
Sabbath Assembly non ha nulla a che vedere con Black Sabbath, a dispetto del nome, ma ha molto a che vedere con quel passato rock ‘parallelo’ a quello più in luce, che ha connotato l’era flower-power, quella di Grace Slick di quei Jefferson Airplane che insieme ai vari Grateful Dead, Quicksilver Messenger Service ecc. tanto propugnavano una sorta di fratellanza cosmica, pacifica, ideologica, sotto l’insegna dell’hyppismo più spinto e amplificato dall’LSD.
Di pari passo si sviluppava una corrente sotterranea che di quell’epoca ne rappresentava l’altra faccia della medaglia, quella lunare; l’ombra di quella reincarnazione del sogno americano virato multicolor.
Gli esponenti sono personaggi spesso slegati tra di loro, più o meno credibili nel loro portato umano ed artistico, e per fare due nomi importanti diremmo Charles Manson ed i Coven. Sono due esempi, più che sufficienti, per dimostrare come il fascino del male abbia attecchito anche in tempi in cui forse non era necessario lasciarsene affascinare, avendo la gioventù americana già così tanti cambiamenti da gestire.
Evidentemente questi personaggi avevano dalla loro una spiccata personalità e sensibilità artistica tale da lasciarsi portare oltre un confine in qualche modo già definito, o forse erano così diabolicamente lugimiranti e profetici da aver già capito tutti i limiti di quel confine. Di queste ipotesi a noi interessa solo la premessa (su Manson si sono consumate pagine intere che coinvolgono i più svariati aspetti dello scibile umano, dall’arte alla psicopatologia) che ci porta ad isolare dei fenomeni come appunto quello dei Coven, buon gruppo di rock psichedelico sixities ma nulla di più, che improvvisamente appaiono sul mercato con testi inneggianti al maligno, croci rovesciate, corna e drappi neri.
Da quella dimensione estetica muovono oggi Sabbath Assembly la cui cantante Jex (Jessica) Toth è un alter-ego contemporaneo di quella Jinx Dawson dei Coven (che trova un’altra emula in Liz Buckingham degli Electric Wizard e confrontate un’immagine di questi nomi su google per verifcare se si tratta solo di mie suggestioni).
Anche la musica vuole essere una celebrazione di quei movimenti spirituali dei ’60 che, indecisi tra Cristo e Satana, li contemplano entrambi in un gioco/sfida teologico gnosticista che ha portato alla fondazione di vere sette molto seguite nell’ambito musicale.
I titoli dei brani eseguiti spiegano più di mille parole, ma la musica sostanzialmente non è che una semplice seppur suggestiva riesumazione del chitarrismo latineggiate di John Cipollina dei Quicksilver (senza poterselo permettere), dell’esoterismo freakettone dei Curved Air e del paganesimo sensazionalista dei Coven.
Grazie alla bella presenza e alla bella voce di Jex Toth, nero gospel, teatrale quanto basta, anzi troppo rispetto ai compagni di palco, eccezion fatta per il batterista il cui volto statuario quanto inespressivo fa da pendant con quello della leader, lo show regge fintanto che non annoia, finchè non ci si rende conto, abbastanza presto, che si è fuori tempo massimo per tutto questo.
Finalmente gli Earth (nella foto) compaiono sul palco. Troppe le parole spese – e spesso a vanvera – negli ultimi anni per definire la loro musica, sia per il cammino intrapreso da Dylan Carlson nel ridefinire ogni volta le sue traiettorie sonore che per il tam tam mediatico sulla sua amicizia con Kurt Cobain e sul fucile che lo ha ucciso, sugli esordi seattleiani su Sub-Pop in un contesto in cui il grunge non c’entrava nulla, sulle implicazioni metal che sono così lontane dalla loro musica che certe affiliazioni risultano così forzate da non poter non far sorridere.
Sicuramente gli Earth sono stati tra i primi ad esportare il concetto del ‘drone’ dalla sfera del minimalismo e delle avanguardie a quello della musica più diffusa in ambiti alternative rock, ma gli ultimi lavori dovrebbero allontanare definitivamente gli Earth da vari emuli incappucciati per avvicinarli a nomi ben più significativi della musica moderna, (forse non un Ennio Morricone, ma un Bill Frisell sicuramente sì).
La chitarra di Dylan Carlson è accompagnata – oltre che dalla fida batteria di Adrienne Davies – dal violoncello di Lori Goldstein (presente nell’unplugged dei Nirvana) e dal basso di Angelina Baldoz (musicista impro dell’area di Seattle).
Tre donne che amalgamano pefettamente i loro suoni ieratici a quelli della chitarra dell’ombroso Carlson, compassato e quasi in trance nelle sue distorsioni desertiche, quasi western, reiterate, minimali quanto riempitive di tutto lo spazio sonoro che diventa tempo sospeso, un tempo in cui il ritmo è scandito dalla batteria cerimoniale della Davies, dallo stridere del violoncello della Goldstein, dalle poche, pochissime note della Baldoz.
Fà impressione, in quest’atmosfera, vedere un Carlson che con gli occhi che roteano al cielo durante una Ascend to Zenith essere preso dalla rabbia un attimo dopo dai flash delle macchinette fotografiche ed arrivare a bordo palco e sferrare un calcio per colpire l’ignaro spettatore, così come la pacifica Baldoz quasi scendere giù per apostrofare un sonoro ‘fuck off’ ad un ulteriore tentativo di foto. Ma sono pochi momenti che non compromettono l’intero flusso sonoro reso coeso dalla scelta dei brani per lo più tratti dall’ultimo Angels of Darkness, Demons of Light come la lunghe litanie di Old Black ed Hell’s Winter.
Dal passato sono riprese le maestose Ouroboros is Broken, le cui variazioni di accordi – quelle sì – sono veramente doom, ma nelle intenzioni più che nelle forme, e Maestoso in F(lat) Minor che con l’attuale strumentazione, più scarna rispetto a quella su disco, eseguita più lentamente, quasi arpeggiata, potenzia se possibile ancor di più la sua carica ipnotica e trascendentale.
Catartica e purificatrice, la musica degli Earth costringe a rivedere le relazioni tra ‘musica alta’ ed underground.
Autore: A. Giulio Magliulo
www.thronesanddominions.com – www.myspace.com/sabbathassembly