La crescita volgendo lo sguardo al passato: è questa la caratteristica principale che ha distinto la carriera discografica di Sharon Van Etten.
Dopo il buon LP d’esordio “Because I Was in Love” del 2009, votato a un etereo e sospeso cantautorato (come testimoniano le sentite “I Wish I Knew”, “Consolation Prize”, “For You”, “Have You Seen”…), Sharon Van Etten ha, nel tempo, modificato la propria cifra stilistica introducendo con “Epic” del 2010 elementi più “sostenuti” (si ascoltino “A Crime”, “Peace Signs”…) e “orecchiabili” (si ascolti “One Day”) e con “Tramp” del 2012 sonorità “indie” (si ascolti “Serpents” o “Warsaw”), per poi trovare la sua consacrazione in “Are We There” del 2014 con la sua esatta “Every Time the Sun Comes Up”, con “Your Love Is Killing Me”…; “Are We There” inizia poi a mostrare anche più evidenti richiami a un “pop” d’autore in stile anni ottanta (“Taking Chances”, “Our Love”…), matrice che prenderà forma (anche con piglio fin troppo nostalgico) e che attraverserà con “nerbo” “Remind Me Tomorrow” (del 2019; da menzionare “No One’s Easy to Love”, “Comeback Kid”, “Jupiter 4”, “Seventeen”) e con tenui colori “We’ve Been Going About This All Wrong” (del 2022; da menzionare “Home to Me”, “Headspace”, Mistakes…).
Negli anni… singoli, collaborazioni (come quella con Norah Jones per una alternativa e morbida “Seventeen” o quella con Angel Olsen per la doppia versione di “Like I Used To”), apparizioni, contributi a “soundtracks” e lo spazio anche per registrare una personale (non pienamente convincente) versione di “Femme Fatale”.
Ora, nel 2025, Sharon Van Etten (vocals, vocoder, guitar) si fa affiancare dai The Attachment Theory (Jorge Balbi – drums, drum programming, vibraphone; Devra Hoff – bass guitar, synthesizer, vocals; Teeny Lieberson – vocals, synthesizer, synth programming, piano, guitar, backing vocals; con loro Alex Reeve – guitar, minimoog, Charley Damski – bass synth e Croissant Man – drums) con cui, a nome Sharon Van Etten & The Attachment Theory, pubblicano con la Jagjaguwar, sotto “l’egida” di Marta Salogni, un disco omonimo “Sharon Van Etten & The Attachment Theory” che prende netta posizione (temporale) in termini di suoni e di arrangiamenti retrò.
Messo il vinile sul piatto, la bella e riuscita apertura elettropop affidata “Live Forever” trasmette pienezza e completezza tanto nella sua parte cantata quanto nella sua coda strumentale.
“Afterlife” alza il tiro e qui la fusione tra gusto pop ed elettronica si fa chirurgica per un brano perfetto e che se pubblicato una quarantina d’anni fa sarebbe diventato una hit.
Nel solco sino ad ora tracciato si collocano sia l’altro classico e “giusto” singolo “Idiot Box” che la riuscita “Trouble” in cui spicca il basso di Hoff.
“Indio” chiude degnamente un impeccabile Side One.
Girato lato, è la volta della vivace e ballabile “I Can’t Imagine (Why You Feel This Way)”, “movimentazione” che prosegue nella ritmata “Somethin’ Ain’t Right”, che corre sul mobile basso di Hoff ed in cui trovano spazio anche le divagazioni strumentali della chitarra di Reeve.
Se “Southern Life (What It Must Be Like)” s’impone con la sua cadenza, “Fading Beauty” ripropone vecchi “eterei” stilemi vestiti con nuovo abito.
Chiude “I Want You Here” in progressivo crescendo che, con la sua pausa e ripresa seguita dall’esplosione finale, congeda un buon lavoro, sicuramente in ritardo sui tempi, ma che si lascia ascoltare con enorme piacevolezza.
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