Hayden, canadese con il cuore negli USA più profondi, con il quarto album è alla ricerca della definitiva consacrazione. Ci era andato vicino, in passato: apparizioni su VH1, partecipazioni a festival americani di richiamo come il Bridge School Benefit, abboccamenti da parte di Neil Young, che aveva tentato invano di firmarlo per la sua etichetta, e di Steve Buscemi, per il quale il folksinger canadese aveva scritto la colonna sonora del film “Trees Lounge”.
Un esaurimento nervoso e un paio di album dopo, ci riprova con “Elk-lake serenade”, ovvero 15 pezzi sospesi fra noia e spleen. Più noia che spleen, a dirla tutta. La struttura dei pezzi si ripete, senza particolari guizzi, per tutti i 40 e passa minuti del CD, ed è, con un certo margine di approssimazione, così sintetizzabile: voce addolorata (a volte anche troppo, sicuro che l’esaurimento sia passato?), piano e/o chitarra a reggere le fila, arrangiamenti in stile country-folk. Su ‘Woody’ spunta un’armonica a farla da padrone, e con lei l’ombra lunga di Bob Dylan, onnipresente in lavori del genere. ‘This Summer’ recupera toni e cadenze dei Radiohead più dolenti, ma Thom Yorke e il suo pathos sono di un altro pianeta. ‘My Wife’ è un up-tempo introdotto da un basso elettrificato che avrei lasciato volentieri nella sua custodia.
Ora, poiché di album del genere se ne fanno a centinaia (e, incidentalmente, alcuni sono niente male), per emergere devi avere un pugno di melodie accattivanti o una rivista inglese alle spalle. Della rivista non so, ma di certo qui le idee mancano, e se ci sono sanno nascondersi bene. Tranne un paio: la altalenante ‘Killbear’, chitarra acustica e viola a raccontare la storia di un’amante portata via da un orso (poi dicono che in Canada si vive bene…), e ‘Starting Over’, che, nonostante il nome beneaugurate, rimane un unicum. Un po’ poco, converrete, per ergersi a profeta del nuovo country.
Autore: Andrea Romito