“Le mie più grandi esperienze le vivo nel silenzio. Quando il silenzio entra nella stanza e si siede con noi. Perché il silenzio sia udibile, richiede un veicolo e quel veicolo è la musica. Per me, la performance è sacra …”; con questa dichiarazione di Robert Fripp, si apre l’acclamato documentario a cura di Toby Amies “In The Court Of The Crimson King – King Crimson at 50”, presentato al SXSW, proiettato nelle sale cinematografiche, pubblicato in DVD e Blu-ray e poi anche disponibile on demand e in streaming, da ultimo, su Apple TV.
Un documentario che “parte” dal tour del 2019 (a 50 anni dal disco di debutto “In The Court Of The Crimson King – An Observation by King Crimson”) e che “coincide” con le dichiarazioni di Robert Fripp sulla poco probabile possibilità che i King Crimson intraprendano, per il futuro, ulteriori tuornée; Fripp, nel frattempo, con la moglie Toyah Willcox, dopo i famosi video on line “Sunday Lunch”, è stato impegnato nel Toyah & Robert’s Rock Party Tour 2023.
“In The Court Of The Crimson King – King Crimson at 50”, ripercorrendo anche la storia dei King Crimson, appare un testamento/testimonianza importante per un gruppo che ha saputo, in mezzo secolo di attività, essere sia fedele a se stesso che attuale, operando un continuo rinnovamento, mantenendo alta la qualità creativa ed esecutiva; caratteristiche rare per artisti così longevi, mi vengono in mente Miles Davis (non a caso lo cita anche Bill Bruford nel documentario di Amies, paragonandolo a Robert Fripp) e Frank Zappa.
Probabilmente la forza dei King Crimson risiede in un’affermazione dello stesso Fripp che mi ha da sempre “empaticamente” affascinato: “King Crimson è un’idea e un modo di fare le cose. È un modo di mettere assieme persone per suonare musica e un modo di pensare riguardo a ogni cosa” (da “King Crimson/Robert Fripp” dell’Arcana Editrice, a cura di Paolo Bertrando – pagina 13).
Se si analizza il loro percorso, non si può non convenire come quando in arte sia “un’idea” condivisa a generare il processo creativo, lo stesso possa assumere forme nuove, con una formidabile capacità di rinnovamento.
Prima si è fatto accenno a Miles Davis e sicuramente fu grande la sua capacità (o meglio qualità) di collaborare con Musicisti dotati di personalità e talento, lasciando loro anche spazio creativo (da Bill Evans – come non pensare alla sua introduzione di pianoforte in “So What” -, passando per John Coltrane, Cannonball Adderley, Paul Chambers, per il quintetto storico e irripetibile formato da Wayne Shorter, Herbie Hancock, Ron Carter e Tony Williams, per il periodo “Bitches Brew” con Joe Zawinul, Chick Corea, John McLaughlin, Dave Holland, Jack DeJohnette e ancora Keith Jarrett – da ricordare con Davis sul palco del Isle of Wight Festival -, Marcus Miller, Mike Stern …).
È tale qualità e stata propria anche di Fripp (come anche osservato nel documentario di Amies da Bill Bruford); superando quanto spesso raccontato in relazione al suo carattere (non facile), che comunque emerge anche dal documentario di Amies, e l’evidente instabilità che ha caratterizzato le tante formazioni che hanno composto i King Crimson, non si può nascondere come Fripp, nel tempo, abbia attuato il “mettere assieme persone per suonare musica”, riuscendo a realizzare commistioni tanto funzionali quanto eccelse nella restituzione artistica-musicale finale; sul punto, ancora dal libro dell’Arcana “King Crimson/Robert Fripp” a cura di Paolo Bertrando a pagina 21 si legge come dichiarazione di Greg Lake che marca quanto fosse “esigente” Fripp: “Credo che Bob avrebbe fatto meglio a dire: ‘Molliamo tutto e facciamo un gruppo nuovo’. Lui preferisce pensare: ‘Impiegherò dei musicisti’ e nessun musicista buono abbastanza per le pretese di Bob vuole essere impiegato!”.
Se si segue la direttrice (una linea ideale) che da “In The Court Of The Crimson King – An Observation by King Crimson” del 1969, passa per “Islands” del 1971, “Larks’ Tongues in Aspic” del 1973, “Discipline” del 1981, “Thrak” del 1995, sino a giungere a “The ConstruKction of Light” del 2000, e si mettono in parallelo i componenti che hanno composto di volta in volta i King Crimson, la musica realizzata e la data di pubblicazione dei dischi citati, è di palmare evidenza quanto sopra affermato.
Restando coerenti con quanto sino ad ora detto, mettendo ordine cronologico nella discografia dei King Crimson, si possono individuare dei punti di non ritorno nella loro produzione che, se “ascoltati” singolarmente, pur mantenendo una matrice e un’impronta di base, sembrano appartenere a pregevoli realtà artistiche a sé stanti.
Da “In The Court Of The Crimson King – An Observation by King Crimson” a “Earthbound”
Sebbene la storia abbia (giustamente) consegnato al mito “In The Court Of The Crimson King – An Observation by King Crimson” e sebbene il disco, nella sua interezza, sia perfetto e contenga uno dei vertici assoluti della musica rock (e non solo) quale “21st Century Schizoid Man”, nonché con “Moonchild” una delle massime visioni lisergiche (non a caso include “The Dream and The Illusion”), il suo “gemello minore” “In the Wake of Poseidon”, troppo ingiustamente “in ombra”, figlio “reietto” del solo Fripp, merita una menzione particolareggiata. Sotto il profilo musicale, malgrado le critiche ricevute, “In The Wake of Poseidon”, in alcuni passaggi, pone sotto una luce diversa, ma non meno intensa, quanto di superbo anticipato dal suo predecessore: ne è prova l’ottima “Pictures of a City (including 42nd at Treadmill)” (già “A Man, A City” – per tutte la versione live del 1969 dal “Epitaph”); è, poi, prima testimonianza di ciò che sarà la sorte dei King Crimson. Il confronto tra i due dischi fa, infatti, risaltare come, a distanza di un solo anno (1969/1970), i King Crimson abbiano già mutato la compagine e le gerarchie: Robert Fripp (chitarra), Greg Lake (basso e voce), Ian McDonald (fiati, mellotron, tastiere e voce), Michael Giles (batteria e voce) e Peter Sinfield (come paroliere), comprimari tra loro anche nella scrittura dei brani, per “In The Court …”; Robert Fripp (chitarra e mellotron) e Peter Sinfield (testi) quali membri “effettivi” e Greg Lake (solo come voce), Peter Giles (basso), Michael Giles (batteria), Mel Collins (fiati) oltre a Gordon Haskell (voce), Keith Tippett (pianoforte) come “ospiti” per “In The Wake …”. Tutti brani di in “In The Wake …” sono, inoltre, a firma di Fripp e di Sinfield, fatta eccezione per “Cat Food” e “Hand of Sceiron” (da “The Devil’s Triangle”) a firma anche di Ian McDonald.
L’abbandono, dopo sul disco d’esordio, di Ian McDonald prima (nel documentario di Amies spiegherà egli stesso a viva voce, e in modo particolarmente toccante e sentito, il perché – toccante anche la “replica” di Fripp) e di Greg Lake (che andrà a costituire forse il primo supergruppo della storia con Keith Emerson ex The Nice – da ricordare “Elegy” – e Carl Palmer, batterista nello splendido disco “The Crazy World of Arthur Brown”, ed ex Atomic Rooster), di Mcheal Giles (che pubblicherà nel 1970 con Ian McDonald il disco di culto “McDonald and Giles”) e di Peter Giles (che con il fratello Michael e con Fripp aveva registrato, nel 1968, “The Cheerful Insanity of Giles, Giles & Fripp”) e la loro non esatta “sostituzione”, sarà il vulnus che porterà alla pubblicazione, sempre nel 1970, di “Lizard”, poco convincente ma utile ponte verso progetti futuri; ciò malgrado il disco presentasse influenze jazz e contenesse l’unica suite di stampo progressive registrata dai King Crimson arricchita dalla presenza di Ian Anderson degli Yes alla voce nella sezione “Prince Rupert Awakes”, dimostrando come questo tipo di scrittura (di moda nel progressive) non fosse nelle corde di Fripp.
Il tempo di (ri)proporre “ripensamenti” interni e di cambiare nuovamente formazione (via gli effettivi Mel Gordon Haskell – basso e voce – e Andy MacCulloch – batteria – e dentro Boz Burrell – basso e voce e Ian Wallace – batteria; Mel Collins e Keith Tippett continueranno a esserci) e i King Crimson di Fripp e di Sinfield ritrovano la giusta rotta, puntando il timone nuovamente verso terre più sperimentali e “astratte”, e anche grazie al recupero di vecchie idee (la bella “The Letters” – eseguita come “Drop In” sin dagli albori, per tutte la versione live del 1969 dal “Epitaph”; in effetti anche di “I Talk To The Wind” esistono altre versioni “demo”, una con Judith Aileen Dyble alla voce), l’orchestrale “Prelude: Song of the Gulls”), pubblicano nel 1971 l’ottimo “Islands”; l’assolo ritmico di Fripp in “Sailor’s Tale” è tra le più belle intuizioni e intenzioni per chitarra di sempre.
Fripp, Mel Collins, Boz Burrell e Wallace registreranno, da esibizioni del 1972, anche il primo (come pubblicazione) “discusso” live ufficiale dei King Crimson “Earthbound”, non di eccelsa qualità, in cui spicca “Groon”, brano del 1970 e inciso come lato B del singolo “Cat Food”, esteso alla durata di 15:30 minuti; successivamente la pubblicazione di registrazioni live, anche datate, diventerà innumerevole ed “enciclopedica”.
Dai Live del 1972 a “Red”
Il male che affligge i King Crimson, pena originaria più che colpa (per utilizzare un paragone teologico), si rivela prodigioso oltre ogni limite (dopo “Islands” andrà via anche Sinfield); Fripp, con una formazione ancora una volta nuova, inaugura, a parere di chi scrive, il miglior periodo dei King Crimson e uno dei più alti della musica rock in generale, chiuso nel biennio 1973/1974, e culminante con due capolavori assoluti quali “Larks’ Tongues in Aspic” del 1973 e “Red” del 1974, intervallati dal “mediano” “Starless and Bible Black”, anch’esso del 1974.
Probabilmente Robert Fripp era conscio che, al di là del valore dei singoli componenti, ogni relazione finisce quasi sempre con un accomodante compromesso: “Comodo ma come dire poca soddisfazione/Comodo ma come dire poca soddisfazione/Soddisfazione Signore/Conosco le abitudini, so i prezzi/E non voglio comperare né essere comprato/Attratto fortemente attratto/Civilizzato sì civilizzato” (cantava in “Forma e Sostanza” dei C.S.I. Giovanni Lindo Ferretti).
Sempre dal libro dell’Arcana “King Crimson/Robert Fripp” a cura di Paolo Bertrando – pagina 20, si legge, in proposito dell’abbandono di Sinfield, quale dichiarazione dello stesso Fripp: “… non mi pareva più che lavorando assieme avremmo fatto progressi rispetto alle cose passate … ci sarebbe stato soltanto un declino di qualità” (il punto sarà ripreso anche nel documentario di Amies).
Nel documentario di Amies, Mel Collins (rientrato poi nei King Crimson dopo 40 anni e presentate in formazione nel periodo del documentario stesso, felice di essere tornato nei King Crimson) racconta dei King Crimson degli anni settanta: “… volevo suonare altri tipi di musica, altri stili, non essere immerso in qualcosa di così serio come erano i King Crimson … avevo dei problemi con Robert e Robert aveva dei problemi con noi. Era una situazione difficile in cui trovarsi in una band. Era tutto molto serio, se commettevi un errore era la fine del mondo. Non erano ammessi errori …”.
E così, Fripp recluta John Kenneth Wetton (al basso, alla voce e al pianoforte) dai Family, Bill Bruford dagli Yes (probabilmente il miglior batterista del mondo progressive), David Cross (al violino, viola, mellotron e flauto) e Jamie Muir (“rumorista” percussivo con esperienze tra l’altro con con Derek Bailey e Evan Parker); con loro il paroliere Richard Palmer-James (membro fondatore dei Supertramp) e dopo una serie di live del 1972 (poi in parte anche pubblicati), nel marzo del 1973 vede la luce “Larks’ Tongues in Aspic”.
“Larks’ Tongues in Aspic” è un disco perfetto, che restituisce alla musica una nuova essenza del termine “progressive”, grazie al suo essere universale. Il “rock” si fonde all’avanguardia e alla musica classica del novecento (in “Larks’ Tongues in Aspic Part II” si respira “La Sagra della Primavera” di ’Igor’ Fëdorovič Stravinskij); le sperimentazioni operate dal vivo nei mesi precedenti alle sessioni di registrazioni vengono “contenute” e “cristallizzate” con mirabile equilibrio (la pubblicazione dei live ante e post registrazioni in studio completerà l’essenza del tutto dando luce anche alle splendide e più libere performance sul palco); non un cedimento, nessun punto debole, per un lavoro discografico che ancora oggi non risente del suo tempo, con richiami e anticipazioni al metal, al math rock, alla psichedelia … (inutile un’analisi dei singoli brani, per un opera che va valutata nella sua interezza). Che Fripp fosse particolarmente ispirato lo dimostra il fatto che sempre nel 1973, in sodalizio con Brian Eno, pubblica l’eccezionale “(No Pussyfooting)” con cui viene ripresa la tecnica del time-lag accumulator già sperimentata da Pauline Oliveros e Terry Riley e che Fripp farà poi sua con la Frippertronics.
Il successivo “Starless and Bible Black” del 1974 rappresenta la costola mancante di “Larks’ Tongues in Aspic”, essendo sostanzialmente suonato dalla medesima formazione ad eccezione di Muir (poetico quanto da Muir raccontato nel documentario di Amies: “Ciò che mi attraeva era questo mondo elettrico …”; e nel paragone che fa con le sculture di Michelangelo : “La personalità dei King Crimson era molto chiara. Era una specie di figura regale … che stava lottando per uscire da qualcosa di grandemente ostruttivo, un po’ come le sculture di Michelangelo che non finiva, c’è un enorme blocco di marmo e c’è una figura che ne emerge …”) e composto da “improvvisazioni” registrate durante i live; unica eccezione le belle opposte “The Great Deceiver” e “Lament” (frutto di lavoro eseguito interamente in studio; “The Great Deceiver” sarà poi il titolo di un cofanetto contenente le registrazioni live di quel periodo). I King Crimson iniziano ad utilizzare le esperienze di improvvisazione eseguite dal vivo (e il conseguente materiale registrato) quali fondamenta per la realizzazione di dischi in studio.
“… And Then There Were Three …” intitola un disco dei Genesis del 1978, con l’intento di “celebrare” “la riduzione” a trio del gruppo (Tony Banks, Phil Collins e Mike Rutherford), per un lavoro discografico dei Genesis non certo di valore; ben diversa è la sorte dei King Crimson che, ridotti anch’essi a tre effettivi (Fripp, Wetton e Bruford), riescono a ripetere l’impresa compiuta con “Larks’ Tongues in Aspic” pubblicando, sempre nel 1974, un altro capolavoro: “Red”.
Con una maggiore esperienza live alle spalle e con una impressionante “misurata vigoria”, le abrasioni, le visioni e le elucubrazioni e le improvvisazioni di “Larks’ Tongues in Aspic” diventano psichiche, affondando nell’Io del passato. Il perfetto impianto è rafforzato dalla partecipazione degli ex David Cross al violino, Mel Collins e Ian McDonald ai sassofoni, oltre a Robin Miller all’oboe e Mark Charig alla cornetta (ampliamenti di fiati furono operati anche per “Lizard”, con la partecipazione oltre ai citati Miller e Charig di Nick Evans al trombone).
“Red” è come se incarnasse la più esatta fusione dei migliori King Crimson di “In The Court Of Crimson King”, “Islands” e “Larks’ Tongues in Aspic” (anche per “Red” non è utile analizzare i singoli brani, essendo tutto il disco di livello assoluto nella sua interezza).
Prima ancora che “Red” fosse pubblicato, Robert Fripp annuncia a sorpresa che i King Crimson hanno “cessato di esistere” (come si apprende da più fonti, da ultimo Wikipedia); successivamente uscirà nel 1975 il live “USA” contenente registrazioni dal vivo del giugno 1974, con in alcune parti sovraincisioni di violino piano elettrico di Eddie Jobson.
In un intervista fatta a Fripp da Robert Partridge, per il Melody Maker – October 5th, 1974, Fripp, tra l’altro, spiega: “Yes, and for three reasons. The first is that it represents a change in the world. Second, where I once considered being part of a band like Crimson to be the best liberal education a young man could receive, I now know that isn’t so. And third, the energies involved in the particular lifestyle of the band and in the music are no longer of value to the way I live. But to go back to the first point, the change in the world. At the moment, we’re going through a transition from the, if you like, old world to the new. The old world is characterised by what one contemporary philosopher has termed “the dinosaur civilisation”, large and unwieldy, without much intelligence – just like the dinosaur. An example of this would be, say, America or any huge, worldwide power. Another would be any large band with lots and lots of road managers… all these units originally start out to service a need but you now have a situation where, being creative, they have to create needs in order that they may continue to exist. In other words, they’ve become vampiric. The interesting point is that a number of groups are still going when the musicians involved are no longer in charge of the situation. With King Crimson, although that situation hadn’t yet been reached, it could have developed that way within the next six months…”.
L’intervistatore (n.d.r.): “It was becoming a dinosaur then?”
E ancora Fripp (n. d.r.): “No, It would never have become a dinosaur. But it would have become a smaller version of a dinosaur. A mechanical situation would have developed which would have been unwieldy. And the band wouldn’t have been sufficiently small, independent, and intelligent enough to exist in the new world. And those, of course, are the attributes of the new world: small, mobile, independent, and intelligent units, whether it’s, ah … instead of a city, you’ll get small self-sufficient communities, modern villages. And instead of King Crimson, you’re now getting me – a small, independent, mobile, and intelligent unit. That’s substantially the difference between the old world and the new” (tratto dal sito: https://www.elephant-talk.com).
Essendo questo scritto incentrato sui King Crimson, trascurerò di parlare del Fripp solista (se non per necessario rimando), delle collaborazioni (ad eccezione della citata con Eno), delle produzioni e dei progetti estranei ai King Crimson; sento solo di dover menzionare l’LP “Exposure” del 1979 sia per la sua validità, sia perché rappresenta il prodotto di “a small, independent, mobile, and intelligent unit” andando con merito a colmare il (momentaneo) vuoto lasciato dai King Crimson oltre alla memorabile “Heroes” del 1977 con David Bowie e Brian Eno (brano che verrà anche suonato live).
Disciplina: dal live al Moles Club di Bath del 1981 al live allo Spectrum Club di Montréal del 1984
Le idee “filosofiche” che Fripp aveva maturato nel tempo (Fripp aveva tra l’altro seguito il pensiero del filosofo Georges Ivanovič Gurdjieff, attraverso anche l’incontro con John Godolphin Bennett; profondo il passaggio in merito contenuto nel documentario di Amies) e quanto dichiarato nell’intervista sopra riportata, vengo inaspettatamente affiancate dalla decisione di ricostruire nuovamente un gruppo e di far rinascere i King Crimson sotto il segno di Discipline, una forma mentis che, da iniziale nome di una “nuova” band (Tony Levin, nel documentario di Amies, farà una particolare precisazione “linguistica”), diviene il titolo di un disco e poi un “marchio” di fabbrica.
Nel documentario di Amies, in rilievo poi la maniacale dedizione di Fripp all’allenamento/esercizio … quotidiano: “Non ho eroi. Se ne avessi uno, sarebbe Casals. A 82 anni si esercitava ancora e gli chiesero: <<Pablo perché ti eserciti?>>. E lui diceva: <<Credo di stare migliorando>>.” – dichiara Fripp.
I nuovi King Crimson costituiscono così un quartetto che si rivelerà una delle più dotate formazioni musicali di sempre e non solo in relazione ai King Crimson stessi ma dell’intero mondo rock e che raggiungerà il suo culmine con l’upgrade del 1994/1995 (sul punto si tornerà successivamente).
Fripp, infatti, ripartendo da “Red”, richiamerà Bruford alla batteria e arruolerà Adrian Belew (voce, chitarra e testi, con all’attivo collaborazioni illustri con Frank Zappa – da menzionare la splendida “City of Tiny Lites” nella versione live -, con David Bowie e con i Talking Heads con i quali registrerà due dischi eccezionali quali “Remain in Light” e il live “The Name of This Band Is Talking Heads”) e Tony Levin (basso e Chapman Stick, forte della collaborazione con Peter Gabriel); non si trattava solo di ottimi strumentisti ma soprattutto di ottimi musicisti che per alchimia trovarono un immediato e esatto punto di fusione.
Dopo alcune “prove” dal vivo, tra cui uno storico e “underground” debutto live al Moles Club, a Bath, del 30 aprile del 1981, nel settembre del 1981 è pubblicato “Discipline” e il miracolo si ripete: nuova formazione per un ulteriore capolavoro che chiude il poker: “In The Court Of Crimson King”, “Larks’ Tongues in Aspic”, “Red”, “Discipline”.
In un intervista del 1981 per Recorder Three con Stephe Pritchard e Thos. Brooman, Robert Fripp, alla domanda di Pritchard: “While we’re on the subject: ‘Zero of the Signified’”, risponde: “Is a phrase of Barthes’. “To repeat excessively is to enter into loss, this we term the ‘Zero of the Signified’.” Being an English person trying to work out my background and what it is that people were telling me; if you like I became a little more sussed in the science of signs (and then discovered the Barthes semiology and all the rest of it) and the zero of the signified is essentially contrasting two ideas; one is the Eno/Schmidt strategy, that repetition is a form of change and the other of “to repeat excessively is to enter into loss, this we term the zero of the signified.”” (tratta dal sito: https://www.elephant-talk.com).
Il richiamo a “Zero of the Signified” è importante se si ascolta il brano omonimo “The Zero of the Signified” del 1980, quale prodromo, per introdurre quanto segue.
“Discipline” codifica un nuovo linguaggio musicale, assorbendo gli umori degli anni ottanta, riscrivendoli in una chiave unica. Tony Levin è all’epoca uno dei pochissimi musicisti a suonare lo Stick inventato da Emmett Chapman, strumento che inchioda in “Indiscipline” (splendida la sezione ritmica completata da Bruford) e immortale nella meravigliosa “Elephant Talk”, in cui Belew fa sfoggio delle sue capacità di riprodurre versi di animali con la sei corde (da ascoltare anche gli uccelli in “Matte Kudasai”); Fripp, per la prima volta, si fa affiancare in modo sostanziale da un altro chitarrista e il risultato è evidente da subito, come nell’incipit di “Frame by Frame” e nella magistrale “Thela Hun Ginjeet” (Belew, nel documentario di Amies, nel parlare di Fripp e di loro due come chitarristi, racconta: “ … voleva tirarmi fuori tutto quello che poteva. Quindi era disposto a lasciare che seguissi la mia visione … Scrivevamo e suonavamo la chitarra insieme. Sul palco, eravamo due chitarristi che suonavano ognuno a modo suo. Ma lo facevamo insieme. Eravamo due facce della stessa medaglia”).
L’unico difetto attribuibile a “Discipline” è che i successivi due dischi, “Beat” del 1982 – dedicato alla beat generation – e “Three of a Perfect Pair” del 1984, risentono del peso del loro predecessore.
Sebbene la formazione fosse la medesima, ripetere la perfezione raggiunta con “Discipline” era impossibile; inizia con “Beat” inoltre ad affiorare una più marcata componente “pop” (“Heartbeat”, “Waiting Man” …).
“Three of a Perfect Pair”, nel complesso superiore a “Beat” (bello il brano eponimo e “Sleepless”), nella ripartizione tra i due simbolici “side” (“Left/One” e “Rigth/Two”), preannuncia poi l’ennesima prossima “rottura” per una sintesi non più raggiunta (il Side Right, prevalentemente strumentale, conterrà anche la III parte di “Larks’ Tongues in Aspic”). Il concerto allo Spectrum Club di Montréal dell’11 luglio 1984 (pubblicato come “Absent Lovers: Live in Montreal”) chiuderà questa ulteriore parentesi della storia dei King Crimson.
Dall’upgrade alla frammentazione
Come in parte sopra annunciato, dopo dieci anni, nel 1994, Fripp rimette sul trono il Re Cremisi e chiama a corte gli stessi musicisti della precedente decade a cui affianca un secondo “batterista” Lee Patrick Mastelotto e un secondo “stick man” Trey Gunn (suonerà prima lo stick di Chapman e poi la warr guitar).
Gli anni ottanta sono passati e gli anni novanta stanno al loro giro di boa … e i King Crimson cambiano nuovamente pelle.
Recuperando le abrasioni del passato ereditate da “Red”, manifestano un gusto “pop” che aveva già in parte caratterizzato “Beat” e “Three of a Perfect Pair” e con un’apertura alle nuove tecnologie, pubblicano prima, nel 1994, l’EP “Vrooom” e poi, nel 1995, la sua “estensione” intitolata “Thrak” in cui, paradossalmente, il formato “canzone” risulta essere l’elemento di spicco più funzionale; “Dinosaur”, “Walking On Air”, “One Time”, “People”, “Sex Sleep Eat Drink Dream” ne sono una prova. Inutile dire che i fasti del passato sono un ricordo ma il gruppo, grazie anche alla formazione “ampliata”, riesce a esprimersi dal vivo in modo notevole e vario; per tutti, “B’Boom: Live in Argentina” (registrato dal vivo a ottobre 1994), “Thrakattak” (registrato dal vivo nel 1995) e “Vrooom Vrooom” (registrato dal vivo tra il 1995 e il 1996), in cui sono eseguiti brani che da “21st Century Schizoid Man”, passando per “Larks’ Tongues in Aspic – Part II”, “Red”, “Frame by Frame” arrivano alle nuove incisioni del 1994/1995, sono miscellanea di vecchie e nuove “canzoni” e di pura sperimentazione, doppio volto di un Giano bifronte: “Thrakattak” contiene sostanzialmente improvvisazioni.
La visione “profetica” di Fripp della necessità di “riduzione” a unità, si ripresenta e i King Crimson danno vita a ProjeKcts che si sostanzia in una frammentazione dei sei componenti in “sottogruppi” minori: “The Fractalisation of King Crimson” si legge nelle “note di copertina”; in termini discografici verranno pubblicati: “Projekct One Live At The Jazz Cafe” (con Fripp, Lçevin, Gunn e Brufford), registrato live a Londra nel dicembre del 1997; “ProjeKct Two Live Groove” (con Fripp, Belew – alla batteria – e Gunn), registrato nel corso del 1998. Il “ProjeKct Two”, nella medesima formazione, aveva registrato in studio, già nel 1997, “Space Groove”; “ProjeKct Three – Masque” (con Fripp, Gunn e Mastellotto), registrato dal vivo nel corso del 1999; “ProjeKct Four West Coast Live” (con Fripp, Levin, Gunn e Mastellotto), registrato dal vivo nel corso del 1999.
Nel 2000, come “ProjeKct X”, Fripp, Belew, Gunn e Mastellotto registreranno “Heaven and Earth”.
L’esperienza ProjeKct (nel suo complesso) oltre a essere peculiare e a rappresentare ancora una volta un interessante “ripensamento” musicale (bello il “Live At The Jazz Cafe” e il “ProjeKct Two”), si dimostra “palestra” che porta alla pubblicazione, sempre nel 2000, del muscolare “The ConstruKction of Light”, in formazione a quattro composta da Fripp, Belew, Gunn e Mastellotto; il suono esaspera la durezza, le ritmiche e le parti di “elettronica” anche in quello che potrebbe essere un pezzo “blues” come “ProzaKc Blues”. In sostanza i King Crimson riescono ancora una volta a rinnovarsi sino quasi a fornire una versione “saggia” e “pensata” dell’alternative metal; la splendida “The ConstruKction of Light”, “FraKctured” (che è versione rivisitata della vecchia “Fracture”) e il IV capitolo del classico “Larks’ Tongues in Aspic”, ne sono fulgido esempio.
Nei tre anni che seguono, come da tradizione, le esperienze live e gli EP (studio/live) pubblicati (“Level Five” e “Happy With What You Have to Be Happy With”), conducono, nel 2003, Fripp, Belew, Gunn e Mastellotto a “The Power to Believe”, un disco che da una parte prosegue la via tracciata dal precedente mettendo a segno ottimi brani come “Level Five” e “Happy with What You Have to Be Happy With” (non a caso già presenti nei citati EP anche se in “forma” parzialmente diversa), mentre dall’altra ritrova il piacere della “ricerca”; da segnalare anche “Dangerous Curves” e le più parti “The Power to Believe”.
Del periodo 2000/2003 da ricordare i live “Heavy ConstruKction” (con registrazioni del 2000) e “EleKtriK” (con registrazioni del 2003); i King Crimson, a partire dal 2000, dedicheranno un enorme capitolo della loro discografia alla pubblicazione “anche postuma” di live registrati nei decenni precedenti come “The King Crimson Collectors’ Club”.
Dopo un breve intermezzo, con una formazione ampliata a cinque elementi che ripristinava la doppia batteria e che oltre a Fripp, Belew, Levin, Mastelotto, vedeva l’ingresso di Gavin Harrison (batterista dei Porcupine Tree), nel 2008 Belew lascia il gruppo.
Sempre Belew, nel documentario di Amies, riassume con precisione l’essenza e la forza dei King Crimson: “L’unica cosa che ora mi rende un po’ curioso è che aspetto qualcosa di nuovo, perché i King Crimson volevano la novità, non la musica che avevano già fatto”.
Dalla “bestia a sette teste” al documentario di Amies
Nel 2011 viene pubblicato “A Scarcity of Miracles”, non a nome King Crimson ma come un progetto dei King Crimson; la novità è nuovamente nella formazione. La “titolarità” del disco sarà di Jakko M. Jakszyk, Mel Collins e Robert Fripp; con loro Tony Levin e Gavin Harrison. Fripp si ricongiunge quindi a Collins (che nel documentario di Amies, come in parte già detto, spiegherà il perché del suo allontanamento e il perché del ritrovato entusiasmo nel far parte dei King Crimson) e recluta alla voce e chitarra Jakszyk, membro della 21st Century Schizoid Band, gruppo composto (nel tempo) da ex membri dei King Crimson (Ian McDonald, Mel Collins, Peter Giles, Michael Giles, Ian Wallace) e che eseguiva parte del loro repertorio. “A Scarcity of Miracles”, morbido e poco incisivo in termini musicali e da “salotto”, sarà il punto di partenza per l’ennesima incarnazione dei King Crimson.
Il 6 settembre 2013 Robert Fripp annuncia il ritorno dei King Crimson con “ … una formazione molto differente da ciò che è stato prima: sette musicisti, quattro inglesi e tre americani, con tre batteristi. La bestia a sette teste dei Crim è in modalità Go!” (fonte Wikipedia che richiama DGM Live News, 24 September 2013); la novità assoluta sono le tre batterie, che dal vivo saranno poste in prima linea: “Sul sito della Discipline Global Mobile (etichetta discografica fondata da Fripp), si cita una nota del 24 settembre 2013 sul diario di Fripp che anticipa gli equilibri della nuova formazione: “L’obiettivo della crim-visione è di una back line – Gavin Harrison, Bill Rieflin, Tony Levin e Pat Mastelotto – riconfigurata come front line, con Mel Collins, Jakko Jakszyk e me come back line”.” (si legge su Wikipedia).
Nel documentario di Amies, Harrison racconta di Fripp: “Nel 2013 ha detto: <<Bisogna reinventare la batteria per il rock and roll. Bisogna reinventare il modo in cui le batterie interagiscono in un orchestra rock and roll>>”.
A causa delle condizioni di salute di Bill Rieflin (batterista già dei Ministry ai tempi di “The Land of Rape and Honey”) il gruppo avrà come batterista anche Jeremy Stacey, per una formazione alternata da 7/8 elementi e con Rieflin alle tastiere.
Riflin morirà nel 2020 e non verrà mai sostituito; una ampio spazio a lui e al suo stato di salute è nel documentario di Amies.
I King Crimson iniziano così una serie di concerti live caratterizzati non solo dalle tre batterie, ma sopratutto dal repertorio che abbraccerà un “lasso temporale” sempre più ampio, come evincibile dai numerosi dischi live pubblicati: per tutti “Live At The Orpheum”, “Live in Toronto”, “Radical Action (To Unseat The Hold Of Monkey Mind)”, “Meltdown (Live In Mexico)”, “Live in Washington and Albany, 2021”; per citare alcuni brani eseguiti live in ordine cronologico di pubblicazione sui dischi in studio: “21st Century Schizoid Man”, “Epitaph”, “Moonchild”, “The Court Of Crimson King”, “Pictures Of A City”, “Peace – An End”, “Cirkus”, parti di “Lizard”, “Islands”, “The Sailor’s Tale”, “The Letters”, “Easy Money”, “Larks’ Tongues in Aspic, Part Two”, “The Talking Drum”, “Fracture”, “Red”, “One More Red Nightmare”, “Fallen Angel”, “Starless”, “Indiscipline”, “Discipline”, “Neurotica”, “The ConstruKction of Light”, “Level Five”, “A Scarcity Of Miracles” … oltre a “Heroes” e ad altri di nuova stesura.
E da questi live che nascerà, per i cinquant’anni del gruppo, nel 2019, il documentario di Amies; per i cinquant’anni verranno pubblicati anche 50 particolari “singoli” di classici (e non classici) con uno speciale “commentary”.
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