Ci sono reunion e reunion, il più delle volte sono patetiche, molto più raramente sono brillanti. Quella dei Mission of Burma di due anni fa rientra senza alcun dubbio nella seconda categoria. A confermarlo arrivano questi 51’50’’ di pugno allo stomaco, di perfetta sintesi tra il post-harcore, il punk, la new wave ed il noise, con contorno di geometriche chitarre e di bassi che vomitano lava cattiva e soffocante. I Mission Of Burma sono tre splendidi quarantenni cui il tempo non ha scalfito la voglia
di essere irruenti e provocatori, praticamente punk. Per loro il tempo non è passato. Sono ripartiti proprio da quei due splendidi e seminali dischi pubblicati oltre vent’anni fa e ne hanno sviluppato
ulteriormente l’idea. “The obliterati” ha il pregio di essere un perfetto compendio di ciò che è accaduto nell’indie-rock Usa degli ultimi vent’anni. La batteria sincopata che introduce “2wice” e la chitarra stridente che segue ci porta ad un punk-wave, con chitarre circolari, “Donna sumeria” ha la legittima pretesa di essere il loro acme chiarristico con la partenza disco spigolosa alla Wire giunge al noise, passando per le ansie psicotiche dei Meat Puppets e la corporalità dei Mudhoney. “13” è un ossimoro grazie alla melodia espressa dalla voce, ma sostenuta da un basso molto cattivo e pressante e da chitarre geometriche, che sembrano spingersi verso una ballata math. Frequento sono i riferimenti al miglio punk ’77 soprattutto dell’asse Clash-Buzzcocks, mentre la frenesia di “Period” fa pensare a dei Joy Division meno cupi. L’affondo oscuro delle chitarre di “Nancy Reagan’ head” ci riporta direttamente all’incubo nucleare degli anni ’80. Insomma per tutti gli amanti dell’indie-noise “The obliterati” è un cd imprescindibile, sicuramente uno dei migliori cd dell’anno.
Autore: Vittorio Lannutti