Sono un’entità sonica sempre più compatta, Frankie & The Witchfingers. Dopo l’eccellente “Monsters Eating People…” di tre anni or sono, la formazione di Bloomington, Indiana, ora di stanza a Los Angeles, sforna l’album numero sette che rischia di essere il migliore della loro nutrita discografia.
Nelle nove tracce di “Data Doom” il quartetto interpreta la materia garage-psych che fin qui ne aveva caratterizzato le prove innervandola di groove e di riffoni hard/space rock. Lo mette subito in chiaro l’arrembante pezzo posto in apertura di programma, “Empire”, sette minuti e venti secondi di hard funk e accelerazioni cosmiche a perdifiato.
Ancora più cattive sono “Burn Me Down” ed “Electricide”, che filano come un treno a tutta velocità ed esplodono tra fiati ed effluvi di wah-wah, mentre l’ipnotica “Syster System” rallenta di poco i ritmi e suona più groovy e psych per poi accellerare nuovamente e lanciarsi nell’iperspazio alla maniera dei migliori King Gizzard & The Lizard Wizard.
La faccenda non cambia neppure sul lato B dove “Weird Dog” apre le danze con immutata forza espressiva e “Doom Boom” si svela sinuosa e accattivante, prima di cedere il passo alla più sintetica “Futurephobic”, dove vengono fuori recondite influenze wave. “Mild Davis”, evidente omaggio al Miles Davis dei primi anni ‘70, è un luminoso esempio di psichedelia contemporanea capace di assorbire input sonori variegati, come pure il garage-funk della conclusiva “Political Cannibalism”, mirabile fusione di chitarre ultra-fuzzate, infernali ritmiche funk e sprazzi di space rock. Con “Data Doom” Frankie and The Witch Fingers confermano di essere tra le formazioni-guida della nuova psichedelia a stelle-e-strisce.
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