La mia ultima per Sylvian risale al tour precedente quello per intenderci di “Everthing and Nothing” sempre allo Smeraldo due anni fa. Lo spettacolo è simile per tenacia artistica e spettacolarità. David Batt in arte Sylvian questa volta è accompagnato dal fratello Steve Jansen e dal poliedrico artista giapponese Takagi Masakatsu. Davanti ad una platea sicuramente più numerosa di quella della tappa scorsa, Sylvian presenta il suo ultimo lavoro “Blemish” prodotto dalla SamadhiSound etichetta nuova appartenente a David.
Fatica concentrica e tortuosa, un progetto scapigliato e minimale esasperato all’infinito da rumorosità ed elettronica, baciato dall’inconfondibile voce del bel David (l’uomo più bello del mondo come fu definito) ammaliante e persuasiva. Ottanta minuti bis inclusi (ma i concerti non duravano di più? sarà minimalismo anche questo?) di grandi atmosfere. Si comincia con ” Blemish” la title track, quindici minuti di psicodrammi sonori ed eleganze darkeggianti, (il pubblico sembra non gradire è distratto, sarà troppo sperimentale?) poi brani come “The Good Son”, “The Only Daughter”, quest’ultima vera è propria creatura del Sylvian più intimista e pudico.
Una prima parte tutta di “Blemish”, ottimamente accompagnata dall’estro indiscutibile del fratello Steve (suona le tastiere, il sinth è la batteria elettrica) che assieme a David creò uno dei gruppi più raffinati del panorama rock internazionale i Japan, e dall’illustratore virtuale è video installatore giapponese Takagi, che si cimenta a proiettare immagini molto toccanti tratte dall’infanzia del mondo, dirottati in una visione psichedelica e diretta, parallela ai suoni industriali e periferici di “Blemish”, un connubio inscindibile in questo tipo di spettacolo.
La seconda parte è il Sylvian più” comune”, quello after-Japan, dei progetti cantautoriali (con quella voce può sfidare chiunque!) quello “triste” e comunemente associabile al grigio perenne dell’amata Inghilterra, quello acclamato dal pubblico, (lui gradisce è ringrazia) quello che lo ha reso famoso in Italia più che in altri posti (più della metà del tour europeo è incentrato nella penisola).
Fra le perle suonate, una versione unplugged ammirevole e blueseggiante di “Jean the Bird Man” brano fortunatissimo nato dalla collaborazione con il frontman dei King Crimson Robert Fripp negli anni ’90.
Il pubblico acclama”Orpheus”, “September” (pezzi cardine di “Secrets of the Beehive”), ma David sorridendo li schiva tutti proponendo perle non meno belle come “Pulling Punches”, e l’inedita “World Citizens”, prodotta dalla collaborazione con il “fratello” giapponese Sakamoto.
All’uscita dal teatro si ha la sensazione malinconica di aver assistito ad una performance di un artista che lascia indubbiamente un senso teso d’allegra disperazione, un mantra infinito di chiara bellezza .
Ammaliante!!!
Autore: Luigi La Delfa