Il coraggio di osare e la predisposizione al peggio è il credo propulsivo che fa muovere il motore del quintetto trevigiano Il Dallas, che torna con un album abrasivo, efferato, corroborante, incendiario, che appicca 7 fiamme ustionanti nel cam(m)ino di “Iosonodinamite”. Roba insolita, senza filtri, pane al pane e vino al vino (tanto…), cose vomitate come vanno dette, infischiandosene di influenze, regole buoniste, giudizi, etichette strappate appena qualcuno tenta di appiccicargliele.
Non scherzate col fuoco! Questo è un disco da fracassa-rotule, da sberle in faccia, da calci nel culo, assestati a fin di bene. Vivono nella loro umile e sbilenca realtà di bicchierate, giochi d’azzardo, di baraccate fino all’alba , di voci e dicerie rurali, con il juxe-box al posto della radio, dove la musica si è fermata a Tony Dallara e dintorni. Niente di moderno, ma tutto maledettamente inchiodato ad un presente vintage e ruspante. Nessun senso di appartenenza, se non quello giurato a vita alla “Polisportiva stradazza”, che poi è il singolo che fa da trattore all’album, per asfaltare terra e anime in itinere. Roba inusuale, che rilutta clichè e matrici stilistiche. Già mette paura il mantra alienante della titletrack, ma è “Tupelo” che delinea schizzi di follia in cornice ieratica e strombazzate qua e là per condire il tutto in modalità stoner-soul. Chiamateli “Figli di puttana” e li farete gongolare in un brodo di giuggiole. Diabolici e perversi, dove tutto (però) è lecito e legale, sia chiaro! Ma non rompetegli le uova nel paniere: a buon intenditor…pochissime parole. Chiaro?
Chitarre ronzinanti che t’assillano a spron battuto nella distopica “Il sogno di Leo” e…si salvi chi può!, mentre “E’ poesia forse questa?” è la tregua che ti spiazza cosi inaspettatamente che la domanda sorge spontanea: ma che gli prende? Si sono d’improvviso acchetati? Signori, bizzarria ed irriverenza contemplano anche questo ma, tranqui!
Riprendono tosto a schiaffeggiare l’ “Ignorante” di turno, con una screaming-song tagliente ed indemoniata, che fa suonare il gong dell’ultima ripresa di un match violento, urticante, con la pacca tosta e la lotta incorporata. Di sicuro, non un disco sbrana-classifiche ma volutamente fastidioso, irritante, che lancia urgenze sociali in un vortice di alt-psycho rock e post-punk, con lame affilate che affondano colpi tellurici. Scossoni salubri per gente assopita, rassegnata al nulla, ad una vita meccanica, Tele-comandata, manipolata per interesse che ha smarrito parole e comunicazione, a vantaggio di noia ed isolamento disgregante. Il Dallas ci mette del suo suonando l’allarme : sta a noi, ora, staccare la sirena assordante che non smette di suonare finché non ci riprendiamo la vita come Dio comanda.
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autore: Max Casali