Thom Yorke è tornato in Italia da solista, per due date esclusive e “per pochi”, nessuno stadio infatti: Fabrique a Milano e Teatro Verdi a Firenze, rispettivamente il 28 e 29 maggio.
Dal buon Thom non sappiamo mai cosa aspettarci. Ebbene quasi un anno fa i Radiohead tornavano in Italia dal lontano 2012 in formazione completa, per regalarci una scaletta da sogno, un vero regalo per i più nostalgici, colmo di brani provenienti da Ok Computer, come Let Down e Creep ormai fuori dal repertorio da decenni… Firenze e Milano le città fortunate ad ospitare la band dell’Oxfordshire, e lo sono anche quest’anno ospitando Yorke da solista.
Le aspettative? Qualcosa di inconsueto per i palchi italiani, moderno ma davvero poco prevedibile. Yorke sorprende e descrivere le sue performance può essere banale per i più addicted e può sembrare ridondante per gli scettici.
Negli anni abbiamo imparato come siano care a Thom le atmosfere sognanti, ed è così che dopo l’attesa inizia il concerto nell’affollato Fabrique sold-out. Gli occhi si chiudono e uno scintillio di note accompagnano Interference, suoni che ricordano Daydreaming, l’atmosfera da cupa si apre con fenditure che si schiudono come un’alba, proseguendo con A Brain in a Bottle, da Tomorrow’s Modern Boxes.
Tre le postazioni principali. Il produttore dei Radiohead e Yorke solista, Nigel Godrich al laptop: basi e beat provengono da lui. A destra Tarik Barri è addetto alla produzione audiovisiva, la musica infatti è accompagnata costantemente da immagini strettamente connesse alle singole note e create live, un susseguirsi di geometrie e caos.
Maniacale è la precisione di Yorke che irrefrenabile salta da una postazione all’altra: basso, chitarra, tastiera e poi si lascia andare alla sua rapsodica danza che si confonde tra immagini proiettate, caotiche e luminose. Il pubblico ascolta in silenzio religioso, lasciandosi trasportare ed incantare dal carismatico canto intenso.
Il ritmo del concerto è in crescendo. Con Yorke al basso Black Swan scorre fluida, fino ad arrivare ad una clamorosa The Clock. Dietro le tre postazioni sinteticamente disposti i protagonisti, che creano un ritmo ossessivo, una tensione crescente preannuncia la discesa dritta verso gli inferi, i beat incalzano, il tempo si deforma.
Le immagini sono un susseguirsi di frenetiche scie di luce, come su di un treno in movimento che distorce forme e colori, che distorce il tempo, culminando in luogo dove regnano fredde linee geometriche, che si spengono lentamente.
Una delle migliori suggestioni della serata che avrebbe fatto smuovere anche il più scettico degli ascoltatori-spettatori.
Yorke, indomabile si dimena per l’intero concerto coinvolgendo la folla e saltellando sulle note di Not the News, attende Truth ray per distendere l’atmosfera ed ecco che ci si ritrova in Polyfauna.
Per chi non conoscesse Polyfauna, è un’applicazione erede dell’app di Bjork, che crea sullo schermo scenari surreali e “creaure” fluttuanti, ma in quel momento le creature fluttuanti erano tutte come incantate, mute, dispose sotto al palco.
The Eraser, Tomorrow’s Modern Boxes e brani degli Atom for Peace riempiono la serata di ritmi ipnotici. La tecnologia psichedelica e sperimentale fa da padrona nelle sue sapienti mani, rendendo l’esperienza totalizzante, coinvolge tutta la sfera sensoriale.
La sorpresa più bella arriva al culmine della serata, per molti un regalo, “One more”.
Yorke si siede al piano elettrico e suona l’inaspettato fuori scaletta: Spectre, per la prima volta live in assoluto. Lo scenario si capovolge e diventa culmine di uno spettacolo sublime. Yorke polimorfe riesce a mutare forma e a creare una dimensione eterea, intima. La voce diventa sottile da brividi a fior di pelle…la delicatezza gentile contrasta i ritmi ossessivi, le discese all’inferno e sorprende lasciando di stucco.
Un concerto impeccabile che riesce a giocare su musica e sull’esperienza visiva, creando una perfetta commistione, da consigliare ai più scettici e a coloro che hanno pregiudizi da sfatare. L’esempio perfetto dell’espressione artistica moderna che unisce l’arte visiva alla tecnica musicale più ricercate e sofisticata.
Yorke è unico del suo genere, dimostra che tutto può, negli stadi più grandi come nei piccoli club, poliforme e incantatore, gioca con la nostra psiche andando nel profondo, smuovendo gli animi e riuscendo nel suo intento di fondere caos e linearità, apollineo e dionisiaco, Nietzsche sì sarebbe stato un suo grade fan, altro che Wagner.
autrice: Noemi Fico