Fondata nella metà degli anni Sessanta, l’Orchestre Poly-Rythmo rappresenta una delle realtà musicali più importanti del Benin e dell’intera Africa Occidentale – basti dire che nel corso della sua lunga carriera l’Orchestre ha suonato in gran parte dell’Africa ed ha accompagnato tutti o quasi gli artisti africani transitanti in tour in Benin nonché tutti le grandi stelle del proprio Paese, da Angelique Kidjo a Gnonnas Pedro – ma per decenni è rimasta praticamente sconosciuta alle orecchie occidentali.
A partire da “Reminiscin’ in tempo” della Popular African Music – anno 2003 – è per fortuna iniziata una necessaria opera di (ri)scoperta dell’Orchestre Poly-Rythmo, grazie ad etichette che stanno conducendo un eccezionale lavoro d’indagine sulla musica africana quali la Soundway e la Analog Africa. E così in pochi anni si sono succedute “Kings of Benin urban groove, 1972-1980“, “The Voudun effect” ed “Echoes hypnotique“, tutte raccolte dedicate specificamente all’Orchestre, oltre a panoramiche più generali sull’Africa Occidentale e sul Benin come le compilations “African scream contest” e “Legends of Benin”.
E all’appello non poteva certo mancare il contributo dell’ottima Strut Records, la quale dà adesso alle stampe “Cotonou club”. Registrato a Parigi assemblando composizioni inedite e nuove versioni di vecchi classici, questo lavoro ci offre una ricca carrellata sull’afro-beat dell’Orchestre Poly-Rythmo: tra ritmi lussureggianti di basso/batteria, melodie contagiose, fiati scoppiettanti, tastiere funkeggianti e chitarre incandescenti, prendono corpo sbuffi jazz (“Ne te faches pas”; Mariage/Ou c’est lui”, insieme alla cantante della Costa d’Avorio Fatoumata Diawara), slanci rock (“Holonon”; “Gbeti Madjro”, con ospite alla voce Angelique Kidjo) e movimenti latini (“Oce“, “Tegbe“). L’apparizione dei Franz Ferdinand nella conclusiva “Lion is burning” vale a certificare l’universalità di questa musica che nasce sì in Africa, ma che in realtà non conosce confini geografici di sorta.
Autore: Guido Gambacorta