I Napalm Death sono ancora tra di noi a seminare terrore e zizzania sociali. D’altro canto non son molti i gruppi che nel corso del tempo, pur partendo da presupposti ideologici son poi scaduti nel macchiettismo che spesso incombe dietro l’angolo della musica estrema.
In questo i Napalm Death sono un bel mistero: dopo una quindicina di album ancora son capaci di far valere le proprie ragioni e di far tremare.
Eppure il mantenimento di un certo status di pensiero non ha impedito loro di sperimentare all’interno del brutale grindcore da cui son partiti: ascoltare oggi Utilitarian è ascoltare un po’ la summa dell’estremismo musicale, il suo stato dell’arte.
Una produzione perfetta, scintillante e per quanto sembri un paradosso, suoni puliti su partiture efferate ed evolute ( c’è perfino John Zorn a prestare il suo sax su Everyday Pox), il ritorno a certi paurosi patterns death metal mai fini a sé stessi (Nom De Guerre), i rallentamenti death-doom devastanti quanto le parti veloci (Errors in The Signals), il growling di Barney sempre più credibile (Quarantined), lo screaming acido di Mitch Harris (The Wolf I Feed), le radici crust (Think Tank Trials, Opposites Repellent), la rabbia hardcore (Protection Racket, Collision Course), il recupero del techno-thrash alla Fear Factory e Voivod (Orders Of Magnitude, Blank Look About Face), malevoli reminiscenze slayeriane iniettate di nuovo veleno (A Gag Reflex) e persino – segno dell’evoluzione – atmosfere decadenti alla Killing Joke (Circumspect, Leper Colony).
Se per voi la musica è anche messaggio, e se il messaggio che cercate è quello rappresentato dalla bruciante bandiera nera dell’anarchia, sappiate che in Utilitarian lo ritroverete e che i Napalm Death ancora lo rappresentano.
Autore: A.Giulio Magliulo