Il concetto di normalità è qualcosa di assolutamente soggettivo, soprattutto in questi tempi di assoluto relativismo, di conseguenza è ancora più arduo avere un concetto universale di conformismo. Probabilmente è proprio questo che vogliono trasmettere questi quattro musicisti di St Louis, che con il loro avant rock-noise riescono ad essere spiazzanti come pochi.
La scelta del loro nome è quindi assolutamente provocatoria e di ciò ce ne compiaciamo, dato che quando alle nostre orecchie giunge qualcosa di spiazzante, di poco conformista e soprattutto ben suonato, allora riteniamo che il prodotto debba essere valorizzato.
Questo è proprio il caso di ?Three hundred?, che segue ?Two hundred? del 2004. Il cd in questione, in realtà, è uscito negli Usa già tre anni fa, ma l?’Africantape ha avuto la fortuna di fare un accordo con il gruppo per occuparsi della distribuzione in Europa e Giappone. Prodotto da Steve Albini, ?Three hundred? è un disco totalmente incostante, dal quale emerge la grande esigenza di sperimentare del gruppo. In ?Black people?, infatti, The Conformists spezzettano il ritmo e le sonorità tanto care ai Fugazi, per provare e sperimentare le diverse sfaccettature del noise, rendono rarefatta ?Starway to heaven? e mandano in delirio le chitarre in ?Are these flowers??, così come in ?Meredith Knezvitch? ci sono incursioni di post-core, dopo tanta tensione.
La conclusiva ?You?re welcome?, invece, è math-noise da manuale, al contrario di ?Tax deduction? con le sue tonalità inquietanti e con il suo finale in acido.
Autore: Vittorio Lannutti