Provate a parlare con Ben Chasny aka Six Organs Of Admittance e vi troverete, molto probabilmente invischiati in un’animosa discussione su cosa è folk e cosa è rock, e in quale delle due partizioni ricada la sua musica. Lui sosterrebbe con forza che “School of the Flower”, così come i 6 precedenti, condivida lo stesso feeling e lo stesso sound di un qualsiasi album dei Led Zeppelin, e penso che nessuno concorderebbe, se si vuol intendere il verbo folk come indissolubilmente legato a campagne ed altri contesti arboricoli.
Altra cosa sono infatti, almeno a livello di “ideologia” retrostante, le “acide scampagnate” psych-space-folk cui capita talvolta di partecipare e a guida di una delle quali è stavolta Chasny. Il feeling è infatti quello visionario e arcano delle divagazioni krautike di 30 e passa anni fa, tendenzialmente in linea quindi con il sentire che ha animato le frange più dure e lisergiche del rock di quei tempi. Prove di questa estraneità al contesto strettamente folk sono anche le apparizioni di Ben in dischi di Comets On Fire e Residual Echoes (acid-rock duro i primi, collage musicale pazzesco i secondi), l’uscita di buona parte dei precedenti dischi su Holy Mountain (label dedita perlopiù a stoner e dintorni) e la presenza di Chris Corsano (batterista free jazz) di questo album (il primo su Drag City), dal cui concreto ascolto emergono ulteriori elementi.
Innanzitutto il turbinio cosmico posto a preludio dell’iniziale ‘Eight Cognition’, in cui i drone chitarristici di Chasny vengono fatti decollare dal convulso drumming di Corsano. Per non parlare di una registrazione rimaneggiata, che contribuisce a rendere il sound più “remoto”, del fragile falsetto di Ben e della title-track condotta per mano, per tutti gli oltre 13 minuti di durata, da un ipnotico raga acustico che cresce sempre più, infarcito di chitarra distorta e furiose picchiate di tamburi, fino a una sorta di catarsi noise. Meglio sarebbe parlare di quiet rock con qualcosa di sinistro e deviato che cova sotto, quindi. E allora possiamo anche dar retta a Ben quando esclama “fuck folk – love music!”.
Autore: Bob Villani