Quasi un album all’anno per Nils Frahm, da quando nel 2005 ha esordito con i primi EP, ancora con AtelierMusik, prima di passare a Erased Tapes con cui ha pubblicato quasi tutti i suoi dischi (12 su 21) e infine scegliere Leiter Verlag dal 2022.
Nel 2022, appunto per Leiter Verlag, Frahm aveva pubblicato Music for Animals, un progetto introverso e veramente sperimentale, persino per lui, pianista, compositore e produttore berlinese che definisce in modi nuovi lo spazio tra musica classica ed elettronica. Il suo approccio non convenzionale a uno strumento antichissimo, suonato in modo contemplativo e intimo, e la sua alchimia sonora fatta di trame ambientali ed elettronica atmosferica, gli hanno permesso di conquistare fan in ogni parte del mondo. Frahm non è un Einaudi o Allevi nostrano: la sua ricerca e quasi ansia sperimentale è perenne, a volte totalmente disinteressata a quel che pensa il pubblico (che pure riempie i suoi concerti in ogni occasione, occasione che per i fan italiani sarà il 27 maggio, a Pesaro, Teatro Rossini, il 28 maggio, a Bologna, Teatro Duse, Express Festival, il 29 maggio, ad Assisi, Teatro Lyrick e il 30 maggio, a Milano, Fabrique, JZRF Series).
Day, la sua ultima fatica, è la nuova collezione di inediti per piano solo, composti da lui stesso, scritti in totale solitudine e lontano dal suo consueto Funkhaus Studio, il suo studio di registrazione a Berlino.
Come spesso è accaduto nella sua discografia, Nils alterna dischi sperimentali e elettronici a momenti particolarmente intimi, nei quali cerca il suo strumento originario, la sua prima passione. Stavolta dunque, dopo un disco di quasi tre ore pieno di rumori, esperimenti sonori, ricerca al limite del maniacale, Nils torna al puro pianoforte, nella sua forma più minimale. You name it, il pezzo che apre il disco, è un solo di piano struggente, e Tuesday sembra invece più composto dalle pause e dai silenzi che non dalle note, che scaturiscono quasi una alla volta, senza accordi.
Del resto, Nils ama ricordare una confidenza a lui da parte di Mark Hollis, il compianto cantautore dei Talk Talk: “prima di suonare due note, impara a suonarne una e non suonare una nota a meno che tu non abbia un motivo per suonarla”. Dunque Nils sceglie sempre davvero con cura quante e quali note suonare, ed ecco perché le sue composizioni sembrano davvero scaturire una nota alla volta. Non così però Butter Notes, che è un pezzo al piano più “tradizionale”, se si può usare questo termine per Frahm. In questo caso vi sono accordi e le note scorrono veloci, senza pause e silenzi, disegnando una melodia che scorre sinuosa e sciolta, proprio come il burro a cui allude.
Hands on poi si cimenta con la sua personale re-interpretazione in chiave minimalista e essenzialista del Jazz, sepcialmente nell’intro iniziale.
Changes improvvisamente cambia tutto e introduce un esordio con strumento ad arco, quasi dirompente e magico: su questo si inserisce poi il narrare melodico del piano, più solare e allegro rispetto agli altri pezzi. Towards Zero conclude questo disco esperenziale con una melodia che sembra una colonna sonora per scene d’addio di film muti, uno dei momenti più emozionanti del disco intero.
Da un album, uscito due anni fa, di quasi tre ore e di dieci pezzi, a un disco di soli sei brani, di poco oltre 35 minuti: la conversione al minimo, per un autore che già fa del minimalismo la sua bandiera, è completa. Ma il vero passaggio rispetto al disco del 2022 come detto è il ritorno all’ispirazione originaria e più autentica di Frahm, quel pianoforte da cui nascono tutte le sue più originali invenzioni, quello strumento che per l’autore berlinese è un vero prolungamento del proprio sé più intimo e nascosto. E in Day sembra proprio che Nils Frahm si sia sforzato più che mai di raccontare il se stesso più intimo e metterlo a nudo tramite note calde, accuratamente scelte una ad una, e piene di malinconia.
https://www.nilsfrahm.com
https://www.youtube.com/@NilsFrahmOfficial
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