Sempre protesi al perfezionamento di uno stile identitario, il quartetto veronese degli Endless Harmony fa 13 : tanti sono gli anni di militanza che li han portati, sin dagli esordi come Muse tribute band e poi con i primi inediti, a mettersi in bella vista al cospetto di pubblico e critica. L’occasione per sancire e confermare il tutto è l’uscita del terzo album “Emerge” (dopo “Hyperspace” 2016 e l’acustico “Home recordings” 2018) che racchiude 7 brani di grande energia, che spostano la loro matrice stilistica in un sentiero più greve e plumbeo e, al cambio, ci guadagnano in audacia e credibilità.
All’ingresso, ci attende l’incalzante “Demonized”, accessoriata da guitar ronzinante ed ampiezze risolutive che completano il vigoroso full-optional incluso nel p(r)ezzo. Segue la coppia di singoli: l’ossessiva e perturbante “To the limit (push me)” che invita a valicare i propri limiti per non impantanarsi nelle sabbie mobili di problemi e difficoltà, mentre “In the meantime” si fregia di un’ariosa apertura, dimostrando quella forza melodica per elevarsi tra i brani più riusciti. “Suffer” rimarca gagliardia chitarristica cupa e alquanto heavy, mentre “Enrage” arriva pian piano da lontano per mostrare un carattere mutevole, con l’ugola di Pamela Perez che alza e abbassa i registri con vistosa padronanza. Dopo tanto sudare e picchiar sodo, si tira il fiato con l’armonia energizzante di “Another place” che porta a casa ottimi profitti anche in terra power-ballad. Infine, fanno cent(r)o, anzi! “98”, con un atto confezionato con perni esecutivi lunatici e frementi.
Visto l’alto tasso di compattezza esposto dagli Endless Harmony, “Emerge” mostra visibili segni di maturità che li proietta verso mete ambiziose , poiché è in atto un’ideologia migliorativa e una crescita evolutiva: obiettivi mai celati dalla Perez & Soci e questa (a casa mia) chiamasi personalità e zero tendenza all’omologazione.
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autore: Max Casali