Innanzitutto i protagonisti: lo shogun del noise Merzbow (Masami Akita) che se avete un minimo di confidenza con l’oltranzismo sonoro in musica, elettronico o meno che sia, non ha bisogno di ulteriori presentazioni, il batterista ungherese Balazs Pandi che ha collaborato tra gli altri con Venetian Snares, Zu, Eraldo Bernocchi e Colin Edwin dei Porcupine Tree ed il sassofonista free svedese Mats Gustafsson che fa parte di una delle formazioni di Peter Brötzmann ma ha anche suonato con Ken Vandermark più una miriade di altri nomi forse conosciuti solo da chi è tanto addentro alle avanguardie jazz.
Finiti gli inchini, ci si può già rendere conto dai nomi citati cosa può esserci dentro Cuts o almeno lo spero, perché il rischio di essere banale o riduttivo nel cercare di descriverlo è davvero grande.
Potrei forse azzardare un paragone con i dischi di Zorn (e le sue successive formazioni dei Naked City e dei Painkiller) quando decise di diventare l’eretico del jazz, ma allora comunque c’era un profondo substrato jazz – per quanto profondo e violento – e c’era un flirt con il metal estremo che se da un lato ne sembrava una rilettura ironica dall’altro sapevamo essere nel sassofonista ebreo americano forte fascinazione. E soprattutto non c’era l’elettronica power noise di Merzbow.
Ma se dicessimo che questo disco è solo un altro prodotto di quella cultura industriale da garage ma ad un passo dall’apocalisse, faremmo poi torto alla componente free jazz qui ben presente (sentire al proposito le tracce The Fear Too.Invisible o Like Razor Blades In The Dark).
Allo stesso modo non sentiamo di consigliarlo in modo esclusivo ai jazzofili puri perché prima di ritrovarci il verbo di Ayler e di Coleman dovrebbero passare le forche caudine dei quasi diciotto minuti di Evil Knives.Lines per esempio, che è come passare nell’officina di un fabbro che di nome fa Mengele.
E allora, se una volta tanto lasciassimo da parte tutte le etichette per affidare questo vortice turbolento, affascinante, oscuro e avventuroso a veri ‘ascoltatori senza etichette’, intrepidi, curiosi e che non hanno paura del maligno? Troverebbero forse una colonna sonora per la nostra decadente civiltà o l’ambient music per i loro giorni peggiori.
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autore:A.Giulio Magliulo