Rob Fleming, il protagonista di Alta Fedeltà di Nick Hornby, nella sua accurata descrizione delle regole da seguire per creare una compilation perfetta, reputa fondamentale catturare l’ascoltatore mettendo ad inizio scaletta almeno un paio di brani di grande spessore, per poi abbassare un poco i toni e non sprecare tutte le cartucce da subito. I Lord Huron hanno fatto più o meno la stessa cosa, piazzando come primi brani del loro “Lonesome Dream” due cavalcate folk corali da antologia. Roba degna dei migliori Fleet Foxes, giusto per capirci.
Il rovescio della medaglia è che sono anche le migliori cartucce a disposizione di quello che è anche un buon disco, ma dopo una partenza così lanciata lascia un poco di amaro in bocca. Nel sovraffollamento di uscite discografiche è abbastanza facile imbattersi nell’ennesimo disco di folk rock a stelle e strisce tanto bucolico quanto orchestrale. Per questo motivo c’è bisogno che tra melodie ariose, cavalcate epiche e passaggi più essenziali, scatti anche la scintilla pronta ad infuocare gli animi. Con i Lord Huron questo accade sin dalle prime armonie di “Lonesome Dream” per poi raffreddarsi al primo soffio di vento autunnale.
Nel complesso la qualità media è buona, tra Midlake e Fleet Foxes c’è da rinfrescarsi e respirare a pieni polmoni. Peccato solo che le premesse lasciavano presagire un mezzo capolavoro che invece si trasforma nel breve volgere di due canzoni in un disco che tra qualche mese finirà col perdersi in mezzo alle tante uscite del genere. Avessero letto con più attenzione il romanzo di Nick Hornby, ne siamo certi, non avrebbero commesso questa leggerezza.
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autore: Enrico Amendola