Gli Encode sono un gruppo di Varese, un bel gruppo. La loro musica è difficile da definire: indie rock? post rock? Forse… ma ci sono anche altre influenze. Accompagnate da una impeccabile sezione ritmica, le chitarre primeggiano in quasi tutte le canzoni, fatta eccezione per “Delight Daylight”, dove la voce e il pianoforte sono gli unici due strumenti (oltre a qualche effetto di sintetizzatore), chitarre a tratti ossesive nei loro riff arpeggiati ripetuti (forse non è improprio l’accostamento a certi passaggi ripetitivi dei Giardini di Mirò), a volte vagamente noise (secondo la lezione dei Sonic Youth), come in “Baretta”. Molto bella la voce di Elena Ceci, perfettamente integrata con la musica: a volte ricorda Giovanna Cacciola (Uzeda, NdR), mentre in “Vanished” è più vicina alla Dolores O’Riordan dei primi Cranberries (forse per le doppie voci?). Tra i brani migliori, sicuramente la già citata “Vanished”, e “Fading here”, aperta da un bel giro di chitarre (belli i suoni da metallofoni), e la malinconica “Abatement”. Peccato per la grafica, non certo invitante. Un disco suonato, registrato e prodotto molto bene, ma che risulta piuttosto uniforme all’ascolto. Una curiosità: nell’album è presente una cover di “White Rabbit”, bandiera del manifesto psichedelico dei Jefferson Airplane: forse un tocco di pop rock in più non avrebbe fatto male agli Encode. Sarebbe interessante vederli dal vivo.
Autore: Lucio Auciello