C’è una canzone in questo nuovo cd dei Thievery Corporation che mi mette i brividi… e non sono brividi di piacere! Va bene fare gli impegnati politicamente (con tanto di guerrigliero zapatista in copertina), va bene azzardarsi a reinterpretare con il proprio gusto brani di altri repertori, ma qualcuno mi sa spiegare che senso ha questa “El pueblo unido” in versione chill-out?? E tutto sommato non è solo il fatto “politico” del constatare l’inaudito svilimento di una canzone storica adesso destinata a diventare possibile sottofondo per la pubblicità di biscotti od assorbenti, è anche il fatto “musicale” che questa cover è banale all’ennesima potenza, non si regge proprio in piedi!!
Purtroppo anche il resto di “Radio retaliation” denuncia limiti preoccupanti/indisponenti e se in passato ho difeso i Thievery Corporation a spada tratta, considerandoli capostipiti vitali di un genere e non semplici emuli nella massa, stavolta devo riconoscere che è più facile parlare di “manierismo” piuttosto che di “stile”, come se Rob Garza ed Eric Hilton stessero scimmiottando se stessi all’infinito. Poi, per carità, i brani sono come sempre ben confezionati, ma di quanti sentivamo il bisogno? Quanti soddisferanno i fans della prima ora? Quanti si distingueranno dalle altre migliaia di canzoni infilate in qualche compilation bossa-nu-jazz?? E’ l’insieme dei 56 minuti in programma a stancare, e tra un clichè e l’altro pure le cose migliori passano in sordina, se è vero che il giusto passo trip-hop di “Blasting through the city” (con l’ottima voce del solito Notch) rischia di scomparire, incastonato tra l’inutile passaggio lounge di “The shining path” e le svenevolezze al femminile di “Sweet tides”.
Cosa salvare allora? L’afro-jazz di “Vampires” con tanto di ospitata di Femi Kuti, il dub fumoso di “33 degree”, il blues vitaminizzato ad electronic beats di “The numbers game”, ad essere molto generosi anche “Sound the alarm” e la title track.
Tutto il resto, dallo stanco jazz poem di “Retaliation suite” al solito stacchetto strumentale riempi-scaletta di “(The forgotten people)”, lo dimenticheremo molto in fretta.
Autore: Guido Gambacorta