Com è capitato alla maggior parte dei musicisti sparsi per il globo, la pandemia da Covid 19 ha letteralmente stravolto i piani di lavoro, portando a rimodulare uscite discografiche e programma dei tour, cancellati per lungo tempo. A questo non si è potuto sottrarre neanche Uffe Lorenzen che, dopo l’esperienza con Baby Woodrose, ha inciso tre album da solista prima di tornare a formare questa nuova band chiamata Lydsyn. Un classico power trio che include i suoi vecchi amici Palle Demant (The Sledge) al basso, autore di molti dei video di Uffe, e Jens Eyde un batterista scoperto visionando dei video pubblicati in rete. Il gruppo formato originariamente per mantenersi attivi durante il periodo del lockdown pandemico, doveva diventare la backing band che avrebbe consentito a Uffe Lorenzen di suonare dal vivo le canzoni dei suoi recenti album solisti. Durante le prove per preparare i concerti che andavano sistematicamente rinviati o cancellati, la band ha iniziato a comporre del nuovo materiale che oggi troviamo in questo disco omonimo pubblicato dalla Bad Afro.
La produzione è affidata a Flemming Rasmussen (Metallica, Gasolin, Kliche, Bifrost, Hyldemor, Sort Sol e molti altri). Il disco è compost da 8 canzoni scritte da Uffe con testi in danese e una cover di “Hymne Til Kroppen” della oscura band danese Splask degli anni ‘70.
I punti di contatto con i Baby Woodrose sono ovviamente ben riconoscibili, soprattutto in brani come “To Syge Skud”, “Kat Ser Kat” e “Tragisk Eskapisme” dove il lato psichedelico del suono della band è maggiormente in evidenza. Ma la sostanziale differenza tre le due band è che nel progetto Lydsyn le atmosfere sono decisamente virate verso il classico hard rock scandinavo, in cui il trio mostra tutte la sue qualità cesellando sulla potente sezione ritmica, magnifici riffs di chitarra acidi ma che sanno essere anche melodici in diversi passaggi.
Molto interessante il lavoro eseguito sulla cover di “Hymne Til Kroppen, in origine brano funky tipico della musica dei seventies, che il trio ha trasformato in un poderoso pezzo acid stoner. Per quanto il danese possa risultare ostico alle nostre orecchie, il disco si lascia ascoltare piacevolmente e le canzoni parlano di temi delicate come il suicidio (“Tårnet“), l’annientamento umano (“Abernes Planet“), amori disfunzionali (“To Syge Skud“) attrazione sessuale (“Kat Ser Kat“, “Bålet”). In definitiva possiamo parlare di un disco particolarmente riuscito che può trovare consensi favorevoli in ogni appassionato del buon vecchio rock’n’roll e non solo in quanti hanno frequentato I progetti precedenti di Uffe Lorenzen.
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autore: Eliseno Sposato