Se Matthew Dear avesse pesato meglio le proprie influenze, probabilmente Beams sarebbe uscito da quell’aura di sufficienza risicata che un buon numero di ascolti non sono riusciti a fugare.
Sarebbe bastato giocare più sulla componente techno, costruendo uno di quei dischi di elettronica intelligente da mandare giù a ripetizione durante gli aperitivi estivi o, più semplicemente, per abbandonarsi al movimento senza sudare troppo durante le bollenti serate d’agosto.
Invece c’è una presenza ingombrante, un’aura che tutto travolge e aleggia nelle pieghe di questo disco: il Bowie berlinese. Pur spostando, per forza di cose, l’asticella verso un sound più attuale, il modo di cantare e l’impostazione austera delle linee vocali e di certi passaggi elettronici fanno pensare al periodo in cui il duca bianco si divertiva con questo tipo di soluzioni.
Alla disperata ricerca di un guizzo che possa ergersi su tutto, si arriva a fine scaletta non appagati e con quel pizzico di stanchezza che guasta l’esperienza.
Non una bocciatura assoluta, ma ci sentiamo di rimandare Matthew Dear a settembre. Peccato che il disco esca più o meno in concomitanza con gli esami di riparazione.
Autore: Enrico Amendola