Data da ricordare quella del 21 Luglio a Roma nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, ottavo sold out per il Roma Summer Fest, sul palco Thom Yorke, in veste solista accompagnato da Nigel Godrich fedele produttore dei Radiohead e il fondamentale Tarik Barri visual artist, per il tour di “Tomorrow’s Modern Boxes”. Da The Eraser, passando per Suspiria arrivando ad Anima, l’intera discografia di Yorke, coerentemente nessun cenno ai Radiohead, viene evocata. Un live di oltre due ore tra atmosfere contrastanti, tra suono e visual, uno spettacolo unico nel suo genere.
Luci spente è notte quando Yorke Godrich e Tarik prendono le loro postazioni. Il suono cadenzato e mellifluo, lo sfondo di un cobalto intenso simula il mare notturno, squarciato da una singola fenditura, come se il fondale marino fosse tagliato da luce intensa: è il varco per una nuova dimensione, l’apertura verso un nuovo mondo dove lentamente ci si immerge. Ci tuffiamo in una fluida acqua tiepida, accompagnati dal suono di poche e semplici note, è il preludio di Interferece e di quello che sarà un memorabile concerto per la capitale.
Lentamente ci facciamo accompagnare nelle profondità seguendo il suono e facendoci illuminare il cammino dal visual di Tarik, come un moderno Diogene, che al tempo armato della sua lanterna si faceva spazio alla ricerca dell’uomo, qui la ricerca del singolo è personale, visioni interpretazioni e mondi sono molteplici.
Yorke è un “marchio registrato” non puoi aspettarti altro che intensità e cura maniacale del dettaglio, in ogni singolo live. Timbro unico inconfondibile, compagno di riflessioni intense e di balli dionisiaci.
Le note cambiano di intensità come la luce varia di spettro e i colori avvolgono la platea. Il suono è perfetto riempie ogni angolo della Cavea, uno spettacolo sensoriale, totale appagamento.
Yorke più in forma che mai, si guarda attorno compiaciuto tra gli applausi spontanei e sporadici del pubblico sotto incantesimo del visual di Barri, che ci investe di luci colorate in fluido passaggio rendendo il trio, parte della scenografia, un’unione di flebili ombre fuse ai propri strumenti: tastiere, chitarra basso, synth e penombra, sì, anche quest’ultima acquisisce un “suono” e posto principale sul palco.
Inconfondibile A brain in a bottle da Tomorrow’s Modern Boxes, si entra nel vivo Yorke concede al pubblico la sua camminata sincopata e si sbizzarrisce alla chitarra dal retrogusto funk, tra le ragnatele psichedeliche su sfondo. Impossible Knots, il trio in nero in primo piano, pedine al proprio posto, sullo sfondo uno sciame di colori interferenti riempiono gli occhi e i synth in crescendo l’udito.
Black Swan ritmo riconoscibile introdotto da semplici scintillii sparsi di piano, brano sempre presente ai live come Harrowdown Hill, direttamente da The Eraser. Le trame si scuriscono il visual torna cobalto stavolta investito da scosse elettriche e circolari. Pink Section e Nose Grows Some vanno riprendere le atmosfere iniziali fluide e distese, anche le luci si affievoliscono, la voce si rifrange sotto un’eco penetrante e il synth risuona vitreo nella Cavea, leggero come dita che sfiorano il cristallo.
I Am a Very Rude Person secondo brano dell’ultimo album Anima, dal ritmo cadenzato e sofisticato, culmina in uno scampanellio di chitarra. Nigel, Yorke e Tarik ciascuno curvato sulla propria station, The Clock viene immancabilmente rievocato dal passato, più intenso e infernale che mai, è una corsa al tempo che fugge. Il ritmo ansiogeno travolge il pubblico in una danza delirante capeggiata da Yorke.
Ladies & Gentlemen, Thank You for Coming si estende un freddo asettico sfondo bianco, un cuore pulsante di sottofondo, trame filamentose di inchiostro nero fioriscono fino a riempire l’intero schermo. Il tema ricorda le creazioni di Stanley Donwood, l’artista che collabora con Yorke e Radiohead da sempre. Il contrasto dei colori riprende quello della voce sul synth e sul basso, il tutto è minimal e culmina in un noise finale. Il visual bianco e nero, nella sua essenzialità, risulta tra i più spettacolari della serata.
Has Ended proviene da Suspiria con le atmosfere nebbiose, violacee, introspettive proprie di quest’album. Si viaggia su una nuvola, nonostante il brano appartenga alla trama del film di Guadagnino, tutt’altro che distensivo. L’ambiente è saturo di suono denso e di colore, si ondeggia di default, sotto ipnosi, mentre le figure a righe orizzontali si dileguano come nubi al vento.
Amok altro brano ricorrente, luci rosse corredate da applausi a ritmo che intervengono a sostegno di Yorke. Probabilmente il brano migliore degli Atoms for Peace risuona in tutta la complessità testo, armonie cangianti, geometriche come il visual, chitarra e basso in perfetta risonanza. Sulle stesse frequenze continua Not the News presente anche nel tour precedente, brano molto atteso dopo il corto di Anima di Paul Thomas Anderson.
Yorke più del solito saltella a mezz’aria con movimenti sincopati e fluidi culmina in un travolgente ballo tribale a cui tutti partecipano, attorno al palco infuocato di colori, impossibile non farsi trascinare dalla corrente, siamo in una boiler room sotto le stelle.
Truth Ray dagli scenari sognanti, un viaggio morbido tra le costellazioni, in pieno contrasto con Traffic. Nasce oscura e fioca, rievoca le immagini del corto: una catena di montaggio umana che si muove all’unisono, con ritmo spigoloso, scandito come quello di fabbrica, è una citazione in musica di Tempi moderni di Chaplin.
La scena si capovolge, dall’oscurità della pausa appare Yorke alla tastiera, pronto per regalarci uno dei momenti più intensi e toccanti.
Dawn Chorus impalpabile e velata. Intensa e possente. Le dita scorrono leggere sul piano, il racconto è un sussurro, le note assumono la stessa consistenza dell’anima, il tempo si dilata e non si può far altro che dedicarsi all’ascolto in religioso silenzio.
Twist ci si addentra nell’elettronica spinta, ritornano le immagini di Polyfauna, al visual curve e strutture di dimensioni parallele. Runwayaway luci e suoni robotici alla Kraftwerk. Cymbal Rush sfondo scuro e lampi cadenti come meteoriti, è lo spettacolo generato da Tarik. Default luci intermittenti, nessuno è fermo si segue il flusso intriso di fumo viola e rosso.
Una delle migliori dediche della serata è proprio un fuori scaletta, regalata al pubblico caloroso, Suspirium che leggera come brezza ci allevia e rinfresca dal precedente clamore. Note al piano come velluto, la prepotenza della semplicità con l’essenziale linea melodica stupisce, lasciando il pubblico trafitto e basito.
Ad Atoms for Peace spetta la conclusione, un congedo leggero, tra una danza e un riverbero aggraziato che si spegne affievolendosi.
Più di due ore di non-concerto, un insieme unico di sensazioni, suono e visual procedono di pari passo delineando un viaggio concettuale ad interpretazione strettamente personale, un vortice di stimoli sensoriali che avvolge, segna, toccando vari livelli di sensibilità. Non un concerto ma uno spettacolo d’ensemble, dove Yorke inconfondibile di timbro e di presenza con la sua squadra, confermano la perfetta padronanza della propria arte in equilibrio tra forma e suono e dove il dettaglio fine, è celebrato in tutte le sue forme.
http://www.theeraser.net
https://anima.technology/
autrice: Noemi Fico
Playlist:
“Interference”
“A brain in a bottle”
“Impossible knots”
“Black swan”
“Harrowdown Hill”
“Pink section”
“Nose grows some”
“I am a very rude person”
“The clock”
“(Ladies & genleman, thank you for coming)”
“Has ended”
“Amok”
“Not the news”
“Truth ray”
“Traffic”
“Twist”
“Dawn chorus”
“Runwayaway”
“Cymbal rush”
“Default”
“Suspirium”
“Atoms for peace”