di Giuseppe Gagliardi, con Clemente Russo, Giorgio Colangeli, Carmine Recano, Rade Serbedzija
Ma quanto ha dovuto soffrire Tatanka per diventare così forte? Il Clemente Russo che si vede sullo schermo solo in minima parte attinge da quello vero, vicecampione olimpico. Hanno patìto entrambi, ma il minotauro di celluloide con un pugno lascia macerie mostruose, morali e fisiche.
Gagliardi ama Garrone, le atmosfere cromate, i primi piani che uccidono, gli attori dai tic ultrarealisti. E questo debito ne gomorrizza parecchio il film, facendolo apparire di maniera. Ma è una maniera piacevole, sfiziosa, scorrevole anche se eccessivamente descrittiva vista la pletora di sceneggiatori (5). Clemente alla sua prima prova su un set, reality show a parte, è legnoso, di scarsa espressività. Però forse raggiunge l’effetto voluto dal regista. Un vulcano che trattiene magma e lo riversa solo sul ring o negli incontri stile fight club.
Il più incisivo di tutti è l’attore che recita la parte del nonno e di cui ignoro colpevolmente il nome. Mi sembra sia o stesso che in Gomorra si lamentava col “sottomarino” Gianfelice Imparato per la magra pensione che il clan gli passava. Un caratterista di prima grandezza. Sarebbe a suo agio anche diretto da Kubrik. Meno a suo agio Raiz, sciacquo guappo di periferia tutto mossette.
Tatanka è un film che non stende gli spettatori per bellezza ma sa intèssere bene i dettagli (ottimo l’uso del dialetto masticato e stretto) e alla fine vince ai punti. Tratto da un racconto di Roberto Saviano della raccolta “La bellezza e l’inferno”.
Autore: Alessandro Chetta