Dopo aver pubblicato a settembre 2010 il loro quarto album, intitolato semplicemente Interpol, la band newyorkese ha intrapreso un tour mondiale che li ha visti suonare in ogni angolo del globo. A distanza di quasi un anno dalla pubblicazione dell’album, gli Interpol hanno fatto visita di nuovo in Italia a Roma il 30 Maggio all’Atlantico Live.
La band che più di tutti ha incarnato la rinascita della new-wave e con i primi due dischi Turn Off The Bright Lights e Antics ha steso i canoni per aggiornare quelle sonorità tipiche di fine anni ’70 ed inizio ’80 del rock alternativo che fecero la fortuna di The Cure, Echo And The Bunnymen ed inevitabilmente Joy Division, si presenta al tour del quarto album dopo un terzo album di passaggio, Our Love To Admire, molto discusso anche se sicuramente interessante. Per il quarto, omonimo, gli Interpol hanno deciso di fare tutto da soli scegliendo un’etichetta indie tra le più importanti, Cooperative Records, e lasciando la EMI Music, che aveva commercializzato il precedente del 2007. Quello che esce dall’album e anche dal live è il classico suono di questa importante quanto influente band: rock oscuro, orchestrale, magmatico, elettrificato, ipnotico, ricercato ma anche diretto e sufficientemente grintoso grazie all’apporto delle melodie vocali sempre limpide e schiette.
Nella formazione live al completo ai tre Interpol storici Paul Banks (voce e chitarra), Daniel Kessler (chitarra), Sam Fogarino (batteria), dopo l’abbandono di Carlos D si aggiungono il bassista Brad Truax, musicista molto noto nell’ambiente musicale alternativo newyorkese, e il tastierista/corista Brandon Curtis dei The Secret Machines.
Il concerto scorre, bello, facile, veloce (anche troppo: solo un’ora e mezza di live per 18 canzoni!! Potevano fare di più dato un repertorio di quattro album più inediti): la scaletta, piuttosto prevedibilmente, alterna pezzi del nuovo come Succeed, a quelli storici, come Say hello to the angels o Narc o ancora Hands away, per tornare sul recente, con il secondo singolo del nuovo album Barricade o un pezzo ispiratissimo del terzo, Rest My Chemistry.
La struttura si manterrà per tutto il concerto questa: The New e C’mere riprendono il percorso dei primi due album, mentre a metà concerto esatto arriva il pezzo più forte del live, e probabilmente la loro più bella canzone, accompagnata (come anche giustamente richiede il titolo) da un gioco di luci che da soffuse e oscure si fa smagliante: ecco Lights, con la tagliente chitarra di Kessler, che forse qui fa ancora più male che da studio, incidendo le note seguite dalla voce di Banks. Segue Summer well, altro pezzo oscuro dell’ultimo lavoro, e poi, aspettabilmente, ora che l’atmosfera è stata scaldata e la parte migliore del nuovo album è esaurita, arrivano i pezzi da 90: NYC, Heinrich Manouvre, per chiudere poi con Memory Serves.
Il bis è chiaramente lasciato ai primi due album: Slow Hands, una inattesa e amatissima The Specialist annunciata e riconosciuta dal pubblico fedele dalle sole note di basso e, quando il pubblico è ormai caldo, al primo suono di “Rosemaryyyy…” della voce di Banks ecco tutti cantare Evil. Gli Interpol salutano un pubblico entusiasta e soddisfatto con Safe Without, ancora dal nuovo, e l’immancabile Obstacle 1.
Viene subito fatto di notare che la scaletta ha scelto i pezzi migliori del nuovo album, più in linea con il sound dei precedenti, più pochissimo di Our Love to Admire (praticamente solo due singoli) l’essenziale di Antics e molto se non moltissimo di quello che forse resta il loro album più bello, Turn on the Bright Lights. E se i fan potranno recriminare sulla mancanza di PDA, Stella was a driver, o Obstacle 2 (ma anche Not I in Threesome e Pace is the Trick meritavano la presenza), di certo sono state sorprese gradite le poco note, non scontate e perciò bellissime Specialist, The new, e Hands Away.
Soprattutto, rispetto alle tappe italiane del tour precedente, si nota di certo un grosso progresso della sicurezza dei tre ragazzi di New York sul palco: non si atteggiano ancora da animali da palcoscenico (e forse Paul Banks non lo sarà mai), ma almeno adesso sanno di essere famosi e seguiti, sanno che il pubblico riconosce le loro canzoni al fulmicotone, e li appagano con qualche chicca ogni tanto. Resta però il limite grosso per un rock una band di non riuscire ancora dal vivo a esprimersi a livello superiore di quanto inciso su disco, e il difetto non secondario di suonare sempre troppo poco.
Interpol in fondo si dimostra sempre essere un marchio efficacissimo da band di grandi club al chiuso (tradizione che da noi esiste poco), ma non di concerti da palazzotto o meno che mai da stadio. E non tanto per il numero dei fan che ormai è cresciuto in giusta proporzione alla loro qualità musicale, che finalmente anche dal vivo non si può più mettere in discussione.
Autore: Francesco Postiglione _ foto di Roberto Panucci
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