Ascoltare La gente muore di fame è un’esperienza da gioco di ruolo. In questo album ci entri dentro fisicamente senza passare per nessuna anticamera. Letteralmente: Roma ti salta addosso. Ed era anche giusto che all’ultima moda neorealista che ha colpito la canzoncina italiana si aggiungesse un’altra voce, dato che i Mostri, dal loro punto di vista, raccontano la Capitale che è quella della cocaina senza pariolini, quella dei motorini truccati, possibilmente assemblati pezzo per pezzo in garage e non di quelli cromati comprati dal papi a prezzo pieno. Al posto dei club chic di musica indie ci sono le scale di piazza Trilussa, le coppie non si lasciano per noia ma perché non ci sono prospettive economiche per tirare a campare, la Romacapitale della microcriminalità che non è per bravata o ribellismo, ma risponde drasticamente al meccanismo della crisi.
Eppure non è tutto qui. Non così semplice. Perché le storie raccontate dai Mostri si accompagnano ad un punk rock a metà tra college americano e dj set ska-reggae da centro sociale. Fatto bene come se i Greenday, all’epoca di Dookie fossero venuti a Roma per uno scambio culturale. L’effetto è una schizofrenia temporale-sensoriale che ti dipinge gli anni Zero come la peggiore delle fogne eppure senti che già ti mancano, che la nostalgia per questi nuovi e repentinamente archiviati good old days del 2.0 sta per avere la meglio. E allora ti troverai a dire che bello quando ai miei tempi si poteva passeggiare tranquillamente in periferia con quel brivido addosso del poter essere all’improvviso accoltellati. Ma tanto non c’era niente da perdere, che comunque si era tutti precari o disoccupati.
Questa soluzione, comunque, era la sola strada da prendere per raccontare questi anni romani senza scadere nel nichilismo bianconiano della Milano-da-bere. Senza lo skapunk di revival Novanta che troviamo in ogni traccia di questo album, le storie che si raccontano finirebbero per buttarci definitivamente a terra. Invece piazza Trilussa sta sempre là, e se ci passi, la sera, pure che non hai nemmanco un soldo in tasca, qualcuno che ti offre da bere lo trovi sempre.
I Mostri hanno fatto un disco divertente su argomenti deprimenti. Io gli vorrei stringere la mano. Perché prima di ascoltare queste canzoni mi deprimevo e basta. Adesso a fasi alterne, ma questo non c’entra con la recensione.
Autore: Olga Campofreda