Dare un seguito ad un disco forse inarrivabile come “Songs for deaf” non era facile, soprattutto quando a seguire la fortunata tournèe c’è stata la brusca rottura tra i due leaders Josh Homme e Nick Olivieri, con la cacciata di quest’ultimo. Tuttavia, recentemente, per fortuna, è stata resa nota la riappacificazione tra i due ed il reingresso del bassista tra le regine. “Lullabies to paralyze” è un disco estremamente dignitoso, ma non riesce ad uguagliare i picchi creativi e trascinanti del suo predecessore, a parer mio, una delle cause sta proprio nella mancanza di Olivieri, che dava al gruppo quel piglio aggressivo ed irruento, ma che grazie all’approccio melodico di Homme, veniva leggermente stemperato, in modo da creare un equilibrio perfetto, questo è stato il segreto di “Songs for the deaf”.
Quest’ultimo, invece, si appoggia troppo su riff che richiamano troppo l’hard rock degli anni ’70, il che non è assolutamente deprecabile, ma nel precedente i QOTSA ci avevano abituato a saper andare oltre. Tuttavia segnali di continuità con il precedente ci sono a partire dalla presenza di Mark Lanegan che con la sua solita voce baritonale ci introduce con il dark blues maledetto di “This lullabies”. La stessa “Medication” è un altro segnale di continuità con il passato con il suo ritmo aggressivo e compulsivo, mentre da “Everybody knows that you are insane” inizia una lunga serie di richiami hard blues anni ’70, che raggiungono il suo apice nel riff zeppelliano di “Someone’s in the wolf”.
Il legame con gli anni ’70 è cementato dalla partecipazione di Billy Gibbons, storico chitarrista degli ZZ Top nell’evocativa “Burn the witch” dove Homme canta insieme a Mark Lanegan. Tra gli ospiti poi abbiamo in diverse occasioni il guru dello stoner Chris Gross e Troy Van Leeuwen degli A Perfect Circe che suona il basso in diversi brani, oltre a Shirley Manson nell’indie blues-folk deviato “You got a killer scene there, man…”. L’unico sprazzo di stoner lo relegano nella circolarità decisa di “Little sister” e si lasciano andare agli effetti wah wah nella quasi vibrante “Broken box”. “Lullabies to paralyze” resta un disco soprattutto per i nostalgici degli anni ’70.
Autore: Vittorio Lannutti