In effetti avevo dimenticato che i micro-CD (quanto dimensioni del supporto) di questa serie sono stati partoriti principalmente dalla fervida mente di Xabier Iriondo (A Short Apnea, oggi anche Tasaday, ieri Afterhours – e mentre prima il suo presente artistico sembrava inconcepibile alla luce del passato, adesso è quest’ultimo che sembra inspiegabile nella chiave di lettura dell’attualità): presente nel #1 (2partiMOLLItremolanti, con Marco Tagliola), presente qui (con Alberto Morelli) , presente anche nel venturo (almeno qui in redazione) #3 (Polvere, con Mattia Coletti), che palle Xabier!! Ma ti riposi un attimo oppure no? No, assolutamente. L’idea è mia e la porto avanti.
E poi l’esperienza ci ha insegnato che le releases di Iriondo (come, in genere, quelle della Wallace) sono tutt’altro che invadenti (la MailSeries sarà sì e no semestrale) e tutt’altro che indegne, non solo di ascolto, ma anche di passione. Già, ci si può davvero appassionare di fronte a una musica fatta di brevi frammenti sonori, di fonte tanto strumentale quanto “ambientale-casuale” (sto riducendo proprio al massimo, cercate di capirmi…), cementati tra loro secondo criteri che non ci sarà mai dato sapere?
Beh, io ci sono riuscito. Senza sforzarmi neanche un po’, e senza che all’occorrenza sia necessario qualche particolare segreto. Bisogna puntare dritti all’affinamento della propria percezione, per scoprire che questa tipologia (semmai è “tipologizzabile”) di musica, così apparentemente “fredda”, è in realtà caldissima. Xavier furbacchione questa piega nascosta della realtà l’ha capita da un pezzo. E questa, orbene, è la sua sfida. Piano, harmonium, chitarre, fender rhodes, melodica, farfisa, organo, “piffero”, “sea shells”, voci, “sanza” (che sarà mai?!), grammofono, radio, live electronics. E radi contributi altrui di oboe (Roberto Mazza) e violino (Dario Ciffo). Cos’è? Niente, rubo spazio alle mie parole per elencarvi, sleeve alla mano, tutti gli strumenti utilizzati per appena 20 minuti di musica. E poi ci sono i rumori d’ambiente, i “concrete sounds”. Ma a questi ci arriviamo dopo.
L’essenza di “ffrr” non è di nuovissimo brevetto: “catturare” la manifestazione sonora della realtà e accostarci frammenti di “suonato”. Cambiano però le modalità, il formato, gli esiti, così da dar vita a quella che potrei arditamente (e CON tema di smentite) definire come una “quasi-opera casuale del concreto”. C’è una sorta di “tema principale”, o almeno un accenno di questo, che in un primo momento introduce al disco, nelle fattezze di un violino che suscita insospettate reminiscenze felliniane (già, Nino Rota), e che riemerge, ora identico ora in suoi immaginari prosiegui, in momenti successivi, sempre e comunque in modo soave, lirico, malinconico.
Intorno c’è un mood che rimanda forse a Wyatt, forse a certi vuoti di gravità canterburyane, forse anche molto più in là, tanto ambientale quanto musicale, quanto ancora concreto. Detto dell’ampio assortimento strumenti, ci sono le interferenze ambientali a rendere, discrete, ancor più ermeticamente suggestivo questo lavoro, dal rumore dei passi in un museo all’indistinto “mormorio recitazionale” di un rosario di gruppo, alla radio e al grammofono (vedi “instrumental set”) al ticchettìo frenetico di una macchina da scrivere (‘Battimenti di Scrittura Mista’), fino al suono di Ondarroa, lì, tra Vizcaya e Guipozkoa, terre Basche, paese d’origine (anche se non di nascita) di Iriondo, scenario antico e solitario di un’improvvisata partita di jai alai, la pelota, quella palla che sbatte sul muro e il rumore frenetico dei passi, che si intrufolano, nel momento di maggior intensità, forse il climax, di questa stessa traccia, e di tutto il disco, quando tutto converge e si fonde nel crescente fragore di una chitarra, sorta di ideale “madre” a cui ogni timbro sembra, per legge di natura, doversi ricondurre. E’ l’oboe a chiudere il sipario, in quel poco che resta, con un “tema” diverso da quello dell’inizio. Eppure la mente corre comunque lì perché uguale è lo stato d’animo, quasi estatico. Anche l’orecchio corre lì, per un nuovo, incantato ascolto.
Autore: Roberto Villani