Strano a dirsi ma questa è la prima volta che sono riuscito a vedere i Giardini di Mirò dal vivo nonostante in passato i loro tour siano sempre stati ricchi di date ben distribuite lungo tutto lo stivale. E adesso la loro agenda è nuovamente fitta di appuntamenti on the road a poche settimane dall’uscita di “The dividing opinions” (presto la recensione, ndd), terzo disco ufficiale escludendo ep e remix, il lavoro della maturità, quello che vede la band emiliana perfettamente a proprio agio anche con la forma canzone, sempre più consapevole dei propri mezzi, sempre più circondata da credibilità a livello europeo (qui le collaborazioni prestigiose con Apparat e con Glenn Johnson dei Piano Magic) e sempre più al centro dell’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori (chi li incensa all’inverosimile e chi li stronca brutalmente, ma in ogni caso di loro non puoi non parlare).
La prima parte di questo concerto fiorentino è stata dedicata tutta al nuovo materiale e ha messo in evidenza la chiara volontà della band di preservare certi dettagli del disco – per esempio l’attenzione sulle melodie vocali e la cura intorno agli intarsi elettronici di “Cold perfection” – anche se inevitabilmente molte sfumature sono andate perdute e l’intensità del live si è basata soprattutto sul continuo interplay tra le due chitarre e sull’impatto del muro di feedback da loro generato. Una fisicità affidata quindi esclusivamente alla musica dato che, come pensavo, i Giardini di Mirò hanno concesso poco o nulla al “puro spettacolo” e “al dialogo diretto” con la platea, di fatto ricordo solo i lapidari ringraziamenti a tutti i presenti, alla fiorentina Audioglobe distributrice dell’etichetta per cui incidono, al fonico per il lavoro dietro il banco mixer, ai due amici tedeschi presenti alla Flog per filmarli e a Bob Corn, barbuto menestrello folk che li accompagna aprendo ognuna delle date del loro tour. Per tutta la durata del concerto i componenti della band sono rimasti rigidamente concentrati sugli strumenti, l’unico a scalpitare di tanto in tanto imbracciando con foga la propria chitarra è stato Jukka Reverberi ed il solo momento un po’ fuori dagli schemi è risultato la chiusura del live, una deragliante session collettiva avente come protagonista proprio Jukka Reverberi, sostituito alla chitarra dall’assistente presente a bordo palco e libero così di scaricare la propria adrenalina alle percussioni accanto al batterista Francesco Donadello.
Un musicista di mia conoscenza, presente accanto a me tra le prime file del pubblico, ha criticato duramente la prova dei Giardini di Mirò denunciandone prevedibilità e mancanza di fantasia; pur nell’effettiva assenza di particolari sorprese – conoscendo (ed apprezzando) i loro dischi sinceramente non mi aspettavo niente di diverso da ciò che ho visto e sentito – a me è sembrato invece di aver assistito ad un buon concerto di una buona band. Ma, come sempre, è solo questione di punti di vista.
Autore: Guido Gambacorta
www.giardinidimiro.com – www.myspace.com/giardinidimiro