La buona novella è che chiunque si dota di passione e pazienza per mettersi a “scavare”, allora lo sterminato mondo dell’indie è sempre fornito di ottimo materiale, e qualcosa di realmente appassionante si scova ancora, proprio come Freak Out Magazine ha potuto testimoniare in due lunghissimi decenni (ormai). Per oggi tocca a Laura Gibson confermare e consolidare la tesi di cui sopra, con un magnifico album dal nome “Beasts of Seasons”. A dire il vero, la cantautrice di Portland si concentra per lo più su prospettive autunno-invernali caricando il tutto con una buona dose di malinconia che lascia però intravedere un baleno di fiduciosa letizia oltre un immaginario di sfumature crepuscolari. Laura divide il suo lavoro in due parti, un po’ come accade per i dischi in vinile, la prima “Communion Songs” e la seconda “Funeral Songs”. I brani in tutto sono nove, di un delicato folk sognante, assemblaggio di strumenti acustici e nitide sonorità che fanno da cornice alla voce serena e sillabata della cantante che frattanto sceglie di raccogliere temi e melodie che spesso richiamano alla mente le songs di un’altra Laura americana, la Veirs anch’ella di Portland. Il songwriting è il perno centrale di tutto il progetto e la Gibson rivendica una gran cura nell’usare sapientemente le parole, inoltre la cantante opera una scelta dei titoli dei brani alquanto felice e quindi “Shadow Parade”, “Spirited”, “Sleeper”, “Come by Storm” ad esempio non sono assolutamente dozzinali se in correlazione assoluta con la musica. Tutto il disco ha un’aria meditativa ed estasiante, la voce della Gibson rapisce l’ascoltatore e infonde gli stati d’animo dell’autrice attraverso un percorso del tutto intimistico e quasi vespertino. “Beasts of Seasons” è un album prezioso che va raccontato sottovoce quasi come se fosse un piccolo segreto da custodire accuratamente.
Autore: Luigi Ferrara