I Goat continuano con il loro insano gesto musicale, dando alle stampe “Goat” (Rocket), l’ennesimo lavoro discografico di qualità, miscellanea di umori, psicosi e follie.
Se l’ottimo LP d’esordio, “World Music” del 2012, era stata una piacevole scoperta (da citare la lisergica e orientaleggiante “Diarabi” e con essa la sorella maggiore “Det som aldrig förändras/Diarabi”, la convulsa “Goatman”, le distorsioni di “Goathead” e il suo cambio di registro “acustico”, l’esatta “Let It Bleed”, la riuscita sciamanica “Run to Your Mama”…), la formula vincente si è ripetuta nel tempo (“Commune” del 2014, “Reqiuem” del 2016, “Medicine” del 2023 e in particolare “Oh Death” del 2022 ne sono testimonianza, oltre alla raccolta di inediti “Headsoup” del 2021) e, anche a distanza di più di un decennio, l’omonimo “Goat” risulta pienamente riuscito pur nella sua meno ruvida e sporca essenza.
Apre “Goat” la furia etno-rock di “One More Death” che nasconde nel ventre lisergici paesaggi psichedelici.
Perfetta è la cadenzata “Goatbrain” che scarnifica in suono grezzo gli Stereolab di “Emperor Tomato Ketchup” per traghettare con un’enfasi da Frank Zappa orchestrale.
Se “Fool’s Journey” è visione pastorale e norrena destinata a precipitare negli abissi del mare del nord, “Dollar Bill” è rock blues psichedelico, mefistofelico e da rito pagano che chiude un Side A di ottimo livello.
Girato il vinile, dal regno dei morti sale la “profonda” danza di “Zombie” squartata da assoli al vetriolo e da “sorde” percussioni.
Trascinante e tagliente è “Frisco Beaver” che anticipa l’“acida” ballata visionaria e retrò “The All Is One”.
“Ouroboros” è treno in corsa tra ritmiche funk, presse e strali, in cui melodie, lamenti e “voci” confuse segnano la distanza tra binari senza meta di un bel viaggio musicale che “Goat” racchiude in sé per tutto il suo scorrere.
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