di Christopher Nolan, con Leonardo DiCaprio, Joseph Gordon-Levitt, Ellen Page, Ken Watanabe
Prima di tutto, la semplicità. Quando la Warner Bros chiese a Nolan di girare Inception in 3D ottenne un rifiuto netto, perché il pubblico avrebbe speso parte della propria attenzione su qualcosa di accessorio. Ancora un altro esempio: il pezzo “Non, Je Ne Regrette Rien” interpretato da Edith Piaf, che nel film è più di un semplice commento sonoro, era stato scelto prima che fosse scritturata Marion Cotillard, premio Oscar per aver impersonato la cantante francese in “La Vie en Rose”. Data la coincidenza, il regista avrebbe poi voluto cambiare il brano perché troppo legato alla carriera dell’attrice e quindi foriero di speculazioni non attinenti alla trama, ma Hans Zimmer, autore della colonna sonora, lo ha dissuaso.
Chris Nolan è intimamente convinto che non esistono inquadratura o virtuosismi capaci di potenziare il contenuto della sceneggiatura, il perno sovrano delle sue creazioni. Per questo non ha bisogno di artifici ulteriori come le immagini tridimensionali, e non per un’avversità verso il nuovo ( è stato tra i primi a girare secondo la tecnologia IMAX), ma perché ogni dispositivo che non serva la causa dello script è ridondante. Che per Nolan significa dannoso. Nei suoi film la storia avanza per procedimenti talmente precisi da far dimenticare la discrezionalità propria di ogni attività artistica, come se quel che si vede debba avere quei determinati modi e tempi. Chi affianca nella sala montaggio questo londinese con il gusto per i paradossi, deve avere l’impressione di seguire un tracciato già costruito con esattezza.
In una recente intervista Pietro Scalia, montatore da 2 premi Oscar, racconta di essere spesso interpellato da grandi produzioni per dare il suo parere su film dalla struttura ancora incerta, come gli è capitato per l’ultima fatica di Paul Haggis “The Next Three Days”. In Inception la possibilità di intervento sarebbe invece minima. Il montaggio assembla le parti di una storia già conclusa sulla carta, non si può togliere o aggiungere nulla, proprio come in una concatenazione logica. Nolan è uno dei pochi a fare a meno di una seconda unità di regia perché non ha bisogno di riempitivi, ogni scena o inquadratura è fondamentale, come la precedente e la successiva, e non presenziare alle riprese di una di queste non avrebbe senso.
Potrà mai uscire un Inception, un Prestige o Following in versione director’s cut? È improbabile. Attraverso questa forma congelata della storia, che sembra passare dalla sceneggiatura alla celluloide senza una trafila immane di ripensamenti, arriva al pubblico la pulizia abbagliante di un enigma, clamoroso nella sua auto-evidenza.
Autore: Roberto Urbani