Herself è il nickname dietro cui si cela Gioele Valenti, che con gradualità e con passo felpato, dopo essersi fatto apprezzare negli ambienti indie con
un demo di cinque anni fa e l’esordio del 2004 “Please, please, please, leave now”, ha pubblicato il suo secondo album, non prima di aver aperto concerti per gruppi del calibro di Verdena, Giardini di Mirò, Jennifer Gentle. Valenti si muove nei territori di un indie-pop delicato ed enfatico, ma non troppo, che deve molto ad artisti di oltreoceano come Sparklehorse e Will Oldham. I brani sono quasi tutti strutturati con la chitarra acustica, che a volte viene affiancata da un elettronica minimale. Molti dei brani sono ballate avvolgenti e morbide, a parte le rasoiate di “Hate”. In alcuni
casi tornano alla mente i primi Julie’s Haircut (“Meet Miriam at the park”), in altri i Grant Lee Buffalo (“To an old friend”). Insomma “Homework” è un ottimo condensato di indie-pop che non disdegna l’indietronica e la ballata classica.
Autore: Vittorio Lannutti