“Kavanàh”, che significa “partecipazione” al canto, è il nuovo progetto discografico di Moni Ovadia. “In un periodo”, sostiene l’attore-cantante “in cui, da Bush a Bin Laden, sono continui i richiami a un Dio vendicatore che con la spada fiammeggiante fa giustizia sommaria dei cattivi e degli infedeli, io canto un Dio assente, uso il canto come dialogo intimo con l’urgenza del divino”.
Musica sacra della tradizione ebraica, “Kavanàh” – questo il titolo dell’album – è un progetto che rilegge la tradizione della cantoralità per sinagoga senza alcun riferimento alla musica klezmer, ed è dedicato a rav Shmuel Rodal.
Al disco hanno partecipato Moni Ovadia (alla voce, ovviamente) e la Stage Orchestra (Emilio Vallorani, flauto e direzione musicale – Massimo Marcer, tromba – Luca Bovini, trombone – Paolo Rocca, clarinetto – Stefano Corradi, clarinetto, clarinetto basso – Janos Hasur, violino – Albert Mihai, fisarmonica – Marian Serban, cymbalon – Vincenzo Pasquariello, pianoforte – Luca Garlaschelli, contrabbasso).
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