Poco, pochissimo tempo da quel meraviglioso EP che era “Suzuki Bazuki” – disponibile solo come download, a meno che non siate una fortunata redazione di magazine e affini – e i Mariposa sono di nuovo a diffondere il loro surreale verbo, in cui confluiscono, sul piano sonoro, tanto una strumentazione “ortodossa” (che ricomprende anche preziosi contributi “filo-classici” di clarino, flauto, violino) quanto “casuale” (il famoso “trovarobato”: oggetti comuni che si prestano alla riproduzione sonora attraverso la semplice loro percussione), e, sul piano estetico-narrativo, tanto una “nostalgica” teatralità mitteleuropea quanto una certa “didattica” da cantastorie.
Ed è proprio una fiaba quella che i Mariposa dispensano, sotto forma di “operina radiofonica” (commissionata loro nel 2000 da un centro commerciale aretino – tutto vero), in questo nuovo episodio discografico. Il discorso è però più complesso in quanto tale fiaba, già oggetto di trasfigurazione, è essa stessa, in parte, trasfigurazione di altra, delicata materia: la Via Crucis. Ma se pensate a un appesantimento concettuale dei Mariposa, siete fuori strada, anche se, indubbiamente, il dipanarsi di una trama rende meno “fluida” la metaria strettamente musicale.
E allora, di che stiamo parlando? Dopo il sobrio – ma che classe però – klezmer strumentale di ‘Introito’ e la presentazione (‘Captatio’) di Michele Orvieti (che farà da narratore in vari altri momenti dell’operina), i Mariposa espongono, su un per loro consueto tappeto di non-sense, le epiche gesta della principessa Poco (già tale nome assist per giochi di parole e adeguatamente celebrata nell’omonimo “tema” strumentale, anch’esso) che, assillata dalla fretta di far abbeverare a una misteriosa foce l’Agnello moribondo, vede intrecciata la sua storia a quella di altri personaggi apparentemente estranei al plot (il Pastore, l’Omino di Peli “senza peli sulla lingua”). Gli accadimenti coinvolgono appunto alcune stazioni della Via Crucis, narrate con tanto di tuonante english-version, e convergono verso l’esplosione della stessa principessa, fatto ben lungi dall’essere drammatizzato se non sul piano di un maestoso (e narrato) accompagnamento concreto-contemporaneo (Varèse?).
Altro? Eccome no: il ‘Madrigale Poco Redentis Carne’, sorta di epitaffio della principessa; nonsense verbale assortita (la title-track – ma possiamo chiamarla così? –, ‘E Scorreggiava Lontano Piastrelle’), brevi capitomboli sonori (‘La Pendola’), la riproposizione in tono mesto del tema di Poco (‘Secondo Tema della Profezia’), fino alla redenzione della ‘Canzone dell’Agnello’. Dovrei essere meno cronistico, forse, ma mi attengo al tono dell’operina. Che chiude, con tanto di ‘Epilogo’ e ‘Congedo’. A presto, prestissimo…
Autore: Roberto Villani