Un nuovo concept album dai riferimenti letterari quattro anni dopo Lovecraft nel Polesine, per Jet Set Roger, che in questo settimo lavoro in 13 anni di cantautorato rock trae spunto da un racconto giovanile del 1877 di Robert Louis Stevenson per riflettere su temi a lui cari: la compresenza nell’animo umano di bene e male, l’integrità morale e l’attrazione del lato oscuro, la trappola sociale che cuce il crimine sulle spalle dell’affamato e l’ipocrisia di chi nell’opulenza giudica il peccatore stando ben comodo nella propria rettitudine.
Specularmente ai 14 brani del disco, anche il bel fumetto allegato di Aleksandar Zograf, con poco bianco su tanto nero racconta la vicenda, ambientata in un Medioevo notturno, invernale, fiabesco ed ostile in cui il protagonista – lo scrittore medievale realmente esistito Francois Villion – è solo e braccato dagli eventi, e da una società che gli scatta attorno inesorabile come una gigantesca trappola per topi.
Il sincero ma fermo confronto notturno tra Villion ed il compiaciuto signore di Brisetout, nel brano ‘Il Carnevale’, assume così una valenza molto politica ed anche esistenziale centrale, che è impossibile ascoltare e leggere senza proiettarla anche nel nostro presente.
Le canzoni di Jet Set Roger mantengono sempre brio pop all’interno di quadretti di pochi minuti circa ciascuno, traducendo dunque il racconto letterario di Stevenson in una versione musicale, fruibile, evitando con lucidità parti didascaliche che appesantirebbero l’ascolto; si alternano invece passaggi notturni di suggestione e suspense vaudeville col pianoforte – l’amara ‘Ballata degli Impiccati’ che ovviamente s’interfaccia col senso dell’omonima di De Andrè – a parti rock enfatiche per sottolineare il precipitare degli eventi in taverna – ‘La Morte di Theverin’ – mentre momenti prog grotteschi richiamano le Storie Tese – ‘Dom Nicolas’ – e ne ‘I Lupi di Saint Denis’ ritroviamo una struggente atmosfera di danza medievale notturna chiaramente molto coerente col racconto.
Ma più di Robert Louis Stevenson, ad un certo punto del disco è proprio il ritratto del poeta furfante Francois Villion a farsi largo con le proprie gambe, personaggio anarchico di riferimento in grado di sollevare domande attuali, figura non allineata della Storia, sicuramente un perdente: un Barabba, un Masaniello, un Rasputin… protagonista calzante per le murder ballads di Jet Set Roger, che ancora una volta riesce a sorprenderci con un’opera originalissima a cominciare dal formato, e poi colma di spunti e significati, che col sostegno dell’etichetta Snowdonia spezza l’omologazione della musica e della discografia contemporanea, quasi sempre priva di fantasia e ambizione.
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autore: Fausto Turi