A sei anni dall’epocale “Carboniferous” gli Zu riprendono un percorso fatto, come sempre, di sperimentazioni e di ricerca di sonorità nuove. Passano gli anni, ma gli Zu, per fortuna, non si danno per vinti, anzi insistono nella loro ricerca sonora, continuando a sperimentare e ad intrecciare suoni e ritmi. Il trio alcuni anni fa ha perso per strada lo storico batterista Jacopo Battaglia, che è stato sostituito da Gabe Serbian, batterista anche dei californiani The Locust. I sound che pervade il nuovo album “Cortar todo” è molto più lugubre rispetto ai lavori precedenti ma non poteva essere altrimenti. Questo nuovo album segue due Ep, usciti nel 2014, “Goodnight civilization” e “The left hand path”, un terzo episodio che chiude una trilogia sulla guerra.
Questo disco è un concept album su un conflitto interno, sull’esigenza di tagliare con il passato e sulla voglia di volersi ribellare alle imposizioni dell’autorità. Il disco è un coagularsi di metal, math, noise, no-wave, elettronica e free-jazz, nel quale hanno collaborato Gilberto Mauha Ochavano (alla voce), uno sciamano che Mai e Pupillo hanno conosciuto in Amazzonia, Joey Karam (anche lui dei Locust, alla tastiera), Stefano Pilia, chitarrista dei Massimo Volume.
Il disco si apre con “The unseen war”, brano tesissimo e pieno di cambi di registro stilistico nel quale i Melvins incontrano un delirante John Zorn, a seguire “Rudra dances over burning Rome” vibrante che ricorda gli Zu degli inizi. La title-track è un crogiolo di flussi sonori ansiogeni, tellurici, grevi e infernali, mentre con “A sky burial” gli Zu ci portano nella vorticosa e rocambolesca ambientazione di un film horror. “Orbital equilibria” è un jazz-punk ambiguo tra tensione e carica, a differenza di “Serpens cauda” che è totalmente cupa. Il jazz con molte variazioni e influssi metal pervade “No pasa nada” e “Conflict acceleration” è inquietante per la crasi che contiene costituita da una prima metà metafisica e da una seconda totalmente tellurica. Gli ultimi due brani “Vanrablack vomitorium” e “Pantokator” sono la prima estremamente tesa e la seconda intrisa di noises e con gli striduli di Ochavano.
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autore: Vittorio Lannutti