Una rarefatta voce femminile sembra voler intonare una litania su frequenze disturbate. Quando sembra finalmente farcela, si dispiega la marcia metronomica di “Beggars and sand”, secca, scandita da accordi rubati ai Massimo Volume. La voce, benchè sussurrata, è minacciosa come l’atmosfera generale e neanche quando il brano si apre si scioglie il nodo nella gola. Dovremo aspettare “Know you” per far distendere i nervi tesi dall’episodio precedente ma resterà comunque una malinconia di fondo, come Yuppie Flu in acustico. E acustica è la dimensione su cui si assesterà questo lavoro: “So nice”, delicata gemma assimilabile a quadretti di gente come Bevel o Drunk, “Break that door”, primo vero raggio di sole del disco, bella nella sua struttura arpeggiata interrotta da uno uno squarcio di luce. Strane parentesi in cui suoni lontani e siderali convivono con rumori industrial non alterano l’equilibrio raggiunto da Herself che sarebbe lo scrittore e musicista Gioele Valenti (già Rebekah Spleen su Wallace) accompagnato dai suoi fidi amici. Ricca di importanti riferimenti, questa è musica che cresce con l’ascolto, ma bisogna concederle l’attenzione che merita perché non scalpiterà per imporsi alle vostre orecchie.
Autore: A.Giulio Magliulo