Il nuovo lavoro in studio di Sara Lov arriva con un tempismo perfetto: San Valentino è vicino, le scatole di cioccolatini diventano più belle e lei ha impacchettato per tutti i romanticoni un album di cover intitolato “I already love you”.
Ballate sussurrate pescate tra i successi dei decenni passati. Lo stile è quello che la cantautrice americana ci ha già fatto conoscere: le atmosfere sono sempre quelle a luci spente e odore di candele.
Per l’occasione si sono scomodati brani come “Papa was a rodeo” dei Magnetic Fields, “Just my heart talkin” di Ron Sexsmith, “The world we knew” di Frank Sinatra e “La bambola”, nella quale compare un quasi perfetto italiano in una replica fin troppo simile alla versione originale della nostra Patty Pravo. E poi ancora The Smiths, Black Heart Procession, Vashti Bunyan, Elvis Costello.
Insomma, se al secondo disco è impossibile fare un best of, Sara Lov ha trovato l’escamotage per far parlare di sé pur senza lavori inediti, appropriandosi delle storie d’amore altrui.
Per qualcuno è sintomo di sensibilità artistica, per altri sono dieci tracce dedicate all’amore, nel quale la voce della statunitense diventa necessario strumento di comunicazione e commozione.
E poi ci sono quelli che – come noi – pensano che di questo “I already love you” non ce n’era proprio bisogno, che San Valentino potrebbe essere un giorno valido, se solo gli amanti imparassero a godere dell’amore. E che quei pezzi stavano bene dov’erano, coi loro anni, le coppie nate alla loro uscita e quelle più giovani che nascono dopo una rispolverata ai vecchi dischi.
Dev’essere questo tutto l’amore che può esprimere un musicista: far innamorare sempre, anche le generazioni successive alla propria. Il procedimento inverso che Sara ha voluto mettere su disco non convince, lo scarno riarrangiamento dei brani ne è la conferma. E i brividi non ci sono. E certe canzoni sono nulla senza brividi.
Un suggerimento: il 14 febbraio puntate sui fiori, non potete sbagliare.
Autore: Micaela De Bernardo