Secondo lavoro per i Pennelli di Vermeer, giovane band campana che dopo il positivo esordio (del quale si è già parlato su queste pagine) ritorna con una personalità ancor più spiccata ed una produzione più matura.
Ad un primo ascolto è ancora un sound improntato sui modelli italici del progressive ’70 – Banco e Rovescio della Medaglia su tutti – la base teorica di questo e.p. ma ripetuti ascolti rivelano poi un tentativo ben riuscito di riattualizzazione del genere per mezzo di contaminazioni continue ma mai invasive del prog italiano ‘classico‘ con la canzone d’autore più anarchica e con le musiche mediterranee (Tetes de Bois e Capossela per esempio) o addirittura sensazioni ska magari non volute (il ritornello de La mia scrivania). Ma non si scandalizzino i cultori del prog puro: i Pennelli di Vermeer restano sicuramente legati a quella dimensione ma senza la necessità di inutili nostalgie retrò. I testi, più visivi che visionari, descrivono situazioni di un mondo bizzarro e sospeso ma suggeriscono realtà ben più ciniche: “gli uomini incoerenti che abbaiano e non mostrano mai i denti” simbolizzati dai salici piangenti del primo brano, non potrebbero forse essere i paladini mediatici che tutto e tutti attaccano dalle loro comode posizioni? E la scrivania dell’ ossessivo-compulsivo con la manìa dell’ordine della seconda traccia, non è un’ottima metafora della manìa di controllo nel nostro mondo tecnologico (con ovvie conseguenze schizofreniche per l’impossibilità di controllare alcunchè)? Oltre ai quattro brani, questo e.p. presenta anche una traccia video (La Pipa Operaia) molto suggestiva e movimentata, come una vera festa proletaria.
Autore: A. Giulio Magliulo e Alessandro Caravelli