Come dire, fiore nero della scena stoner tricolore? Maledizione strumentale suddivisa in otto tracce? Oppure più semplicemente brutale divinazione? Riassumendo l’ascolto di questo secondo lavoro discografico dei friuliani Prehistoric Pigs, Everything is good, le tre definizioni possono pure fondersi all’unisono, un saturo condensato strumentale di stoner, doom, sabba desertici e tonalità color pece che suona sodo, sensoriale e magmatico, un incedere mastodontico di fuzz compressati e arie viziatissime di distorsori fumanti che è un corpo a corpo sonoro imperdibile.
I tre PP, Juri e Jacopo Tirelli chitarra e basso insieme a Mattia Piani alla batteria, stimolano e impongono mazzate di suoni visionari e polverosi, un acido e tenebroso rimbombo minimale dalla potenza “ignorante”, un vacuum che pulsa di Lovercraft e Kyuss, bruciori kraut ed echi claustrofobici di Sonora, una massa in corto che destabilizza d’amore elettrico e di lesioni metalliche le trombe d’Eustachio.
Tutto esplode, tutto squarcia e tutto lacera, anche quando il violoncello della guest Maria Vittoria Pivetta prova ad “addolcire invano” in Hypnodope le mascelle onnivore di tutto il resto, è un tentativo coraggioso, ma che pare accendere di più la famelica bramosia dell’orchestrato. Non cercate qui oasi di pace o forme melodiche per respirare un poco, qui siete su un campo minato dall’inizio alla fine e bastonate come Universally dronig, l’inaspettato trabocchetto prog-metal di Red fields, il sangue pisto che macchia When the trip ends o lo sferragliamento sincopato di Zug, vi segneranno come un frontale tra voi e il vostro inesistente futuro.
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autore: Max Sannella