Per il talento compositivo di Peter Broderick, già definito astro nascente del contemporaneo indie-folk (anche da Freak out che lo segue dal primo album Home), sarà a questo punto il caso di creare un neologismo: post-folk.
Ovvero indie-folk, come quello di Tillman (ergo Fleet Foxes) e degli altri dell’oltre-oceano, ma talmente minimalista e innovativo nelle sperimentazioni da non poter rimanere confinato, appunto, nel folk stesso. Anche perché se il primo album rientrava ancora nella categoria non foss’altro che per l’uso di chitarra acustica e voce, già il secondo introduceva note minimaliste attraverso un semplice pianoforte che sembrava suonato con un dito alla volta.
Adesso, per questo nuovissimo It starts hear, abbiamo anche cenni di basi elettro (It starts hear, la title track, per nulla ascrivibile al folk), uso ampliato degli archi (A tribute to our Letter writing Days, Colin) e di nuovo il piano minimale a una nota alla volta (I Am Piano, Asleep), oltre ovviamente alla tradizionale chitarra acustica arpeggiata (Blue, With the Notes on Fire). Ma nel sound si intravede appunto la novità dell’atmosfera più ariosa e celeste, di una ricerca melodica che punta a superare i confini della canzone tradizionale, un’atmosfera post, appunto, come nel crescendo di Asleep.
E dire tutto questo è ancora non dire della novità principale: l’album è tutto sul sito www.itstartshear.com, anzi in realtà l’album è il sito, e il sito è l’album.
E’ un errore pensare che semplicemente Peter abbia messo i suoi pezzi sulla sua pagina, ed è un errore pensare a meccanismi di download: il sito è l’album stesso, nel senso che i suoi link sono altrettante pagine dove si ascoltano le canzoni, ma la bella novità è che per ogni pagina-canzone c’è il suo testo, e la possibilità del commento o della recensione, aperta a tutti e nella home un saluto personalizzato del mattacchione stesso.
Ma soprattutto, la storia creativa di ogni canzone, con particolari inediti confessati apertamente e sinceramente, come solo un animo pulito può fare (vedi Everything I Know).
Insomma un filo diretto con gli ascoltatori, con i fan, con i critici, per un musicista che più indie non si può, che pubblica da sempre con Bella Union/Cooperative Music, e a cui piace creare e condividere, totalmente al di fuori di logiche di commercio e di distribuzione.
E minimale è anche il look del sito: ci sono le canzoni, le loro lyrics, (godetevi la bellissima poesia Trespassing dedicata a un uccello da lui investito su Meadowlake Road nel pieno deserto) e c’è lo spazio per commentare, il tutto su sfondo nero e con foto del compositore. Come dire: conta più il lavoro che l’autore.
Come avere l’entusiasmo dei 25 anni e contemporaneamente anche una sorprendente maturità artistica: Peter Broderick sa dove vuole andare, e non sbaglia un passo nella direzione scelta, scegliendosi anche i collaboratori giusti (spicca Nils Frahm, altro talento compositivo al piano).
E se il primo album era decisamente folk, e il secondo era un omaggio al pianoforte, qui c’è una piena varietà e completezza, persino un vago blues lento con Bad Words: ma il mood principale è arioso e sognatore, evidente nel ritmo meraviglioso e solare dei violini finali di Colin, nelle solitarie note di Asleep e I Am Piano o di Bad Words (episodio però troppo estremo e quindi poco riuscito).
Il tutto sempre in fedeltà al credo minimalista: che poi tanto minimale non sarà se riesce a creare capolavori melodici come With the Notes on Fire, o Trespassing.
E allora avanti tutta, Peter, in attesa della prossima emozionante sorpresa.
Autore: Francesco Postiglione