Scrivere canzoni non sempre è sinonimo di arte. Anzi, proprio con l’avvento del nuovo millennio, in cui si sono moltiplicate le possibilità di ascolto di musica (soprattutto grazie ad internet) e la produzione di un brano o di un album è diventata assai più economica che in passato, ci si rende conto di quanto l’inusitata mole di offerta musicale attuale, sia inversamente proporzionale al suo valore intrinseco.
Lasciando da parte quei generi che per loro natura sono, in qualche modo, autoreferenziali o troppo “easy listening”, in altri casi, è possibile intravedere dei momenti cruciali che risultano dei veri spartiacque per ciò che è venuto dopo.
Prendiamo, ad esempio, il rock(& roll). Nato intorno agli anni 50’, come nuova forma d’intrattenimento giovanile abbastanza innocua, all’inizio poteva apparire, al massimo al pari di una nuova forma di ballo o, a livello d’immagine, riprendere la tenue ribellione del Marlon Brando, vestito di giubbotto di pelle. Bisognerà, però, aspettare l’arrivo degli anni 60’ e della controcultura giovanile, affinchè il rock abbandoni, in parte, le sue tendenze giovanilistiche e si trasformi in un espressione artistica consapevole.
L’essere in grado di saper descrivere le varie sfaccettature dell’animo umano e delle sue contraddizioni, affrontare tematiche sociali e filosofiche, l’immettere sprazzi poetici nel testo di una canzone, furono passi decisivi in questa nuova declinazione del rock.
Figura fondamentale, in questo senso, è stata quella di Bob Dylan. Nato come folk singer acustico, sulla scia della scena cantautorale statunitense ed, in particolare, di Woody Guthrie, egli ben presto si affermò come songwriter capace di dar voce alle istanze di rinnovamento di un intera generazione. Ancor più dopo la “svolta elettrica” di metà anni sessanta, il menestrello di Duluth fu in grado di inglobare ulteriori elementi nel proprio bagaglio musicale, delineando la moderna incarnazione di cantautore rock.
Una ricerca lirica e sonora che ancora oggi egli prosegue con esiti, spesso, sorprendenti e che hanno reso la sua discografia, un punto centrale nella storia della musica odierna.
Se sin dagli inizi della sua carriera il nostro fu interprete di brani tradizionali o di altri artisti, quasi subito il suo stesso repertorio, è stato riletto da musicisti di ogni genere e di ogni latitudine.
Verso la fine di questo mese, è prevista la pubblicazione dell’ennesimo disco tributo in suo onore. Fa piacere segnalarlo sulle pagine di Freak Out, in quanto trattasi di una produzione concepita in Italia. Sviluppato dall’interazione tra Strade Blu, Bronson Produzioni e Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, il progetto ha visto Steve Wynn esibirsi dal vivo il 13 Agosto 2009, presso l’Hana-Bi di Marina di Ravenna, in un concerto-tributo a Dylan.
Un sentito omaggio da parte di uno dei più interessanti autori di certo indie-rock statunitense, la cui parabola artistica parte agli inizi degli anni 80’, in veste di leader dei Dream Syndicate (esponenti di spicco del Paisley Underground, corrente neo-psichedelica di quel periodo) ed è proseguita poi tra una intrigante carriera solistica ed estemporanee band parallele (Gutterball, Danny & Dusty, Miracle 3).
Essendo egli stesso un pregevole songwriter, Wynn si è approcciato al repertorio dylaniano (dal quale sono stati estratti nove episodi, tra cui “Rainy Day Women 12 & 35”, “Just Like A Woman”, “All Along The Watchtower”) senza grossi stravolgimenti, cercando soprattutto di infondervi la giusta partecipazione emotiva.
Un risultato raggiunto anche grazie al decisivo supporto del gruppo di accompagnamento di quella sera, composto da Chris Cacavas (Green on Red) alle tastiere, Linda Pitmon (già con Wynn nei Miracle 3) alla batteria, la violinista Vicki Brown (collaboratrice dei Calexico, Marianne Dissard, Hugo Race), oltre ai “nostrani” Rigo Righetti (a lungo con Ligabue) al basso e Antonio Gramentieri (Sacri Cuori, Fatalists, Slummers) alla chitarra.
Da segnalare, inoltre, la presenza sul bis finale di “Knocking On Heaven’s Door”, di un altro “cult hero” alternativo, Robyn Hitchcock (Soft Boys) che ha ulteriormente alzato il tasso dell’esibizione. La classica ciliegina sulla torta, degna conclusione di un concerto/tributo, che senza grossi fronzoli regala non poche emozioni…
PS: “Wynn Plays Dylan” uscirà unicamente in vinile da 180 gr su Interbang Records ed, all’interno della confezione, vi saranno dei codici per scaricare, dal sito dell’etichetta, sia il bel documentario dell’evento, diretto da Alessandro Quadretti, che la versione mp3 dell’album.
Tracklist
Side A
01. Rainy Day Women 12 & 35
02. Blind Willie McTell
03. Just Like A Woman
04. Outlaw Blues
05. Gotta Serve Somebody
Side B
06. The Groom’s Still Waiting At The Altar
07. Isis
08. All Along The Watchtower
09. Knocking On Heaven’s Door
Autore: Luca M. Assante
www.stevewynn.net