Una cosa che apprezzo di Boy George è la coerenza. Bisogna essere veramente disinibiti per fottersene dell’opinione altrui e vivere secondo i propri principi, giocando semplicemente al Faccio Me Stesso. O disinibiti, o anarchici. Ma i disinibiti vincono sugli anarchici per coolness, sono meno incazzati e sanno come godersi la vita. Boy George insegna.
Da primadonna dei Culture Club – prima criticato per il modo eccessivo di vestire, per l’androginia ostentata e un make up da far sembrare i Kiss delle ragazzine acqua e sapone – il frontman arriva alla carriera solista. Che vuol dire continuare ad alzare la posta del Faccio Me Stesso ma con un make up più costoso e una migliore qualità di video clip in cui mostrarlo al mondo. Glitter. Glitter e cilindri sulle ventitrè.
Mentre il mondo se ne sta a pensare a Justin Bieber, finalmente la vecchia guardia è libera di entrare e uscire di prigione come fosse un club privè. A prescindere dai fan che sono rimasti ad aspettare oltre il cancello di ferro.
Quando in questo nuovo album (che vive come se gli anni Ottanta fossero una costante storica all’interno della quale si sono avvicendati personaggi come Mozart, Jennifer Lopez, Public Enemy, Caruso e -aggiungi all’infinito nello spazio- [ ]) Boy George dice che My God is Bigger than Yours il pop è pacchiano, orecchiabile e patinato, pronto per essere passato per radio al mattino. I have to get it wrong to get it right. Messaggi subliminali che dicono ancora: guardate, a me è andata bene, ho seguito il mio cuore, la mia pancia. La mia divinità mi ha insegnato a essere libero e disinibito e non ho nessun rimpianto. E voi? Ci state bene stretti nei vostri colletti stretti alla gola?
Nel 2008 Boy George si è passato un po’ di tempo al fresco per aver ammanettato al letto un escort omosessuale e sieropositivo che avrebbe tentato di rubare delle foto pornografiche dal suo computer. Ora: dimentichiamo per un attimo la scena di Zoolander in cui Owen Wilson cerca di aprire un pc a martellate per estrarre i file dall’interno. Boy George è andato girando con un braccialetto che localizzava ogni sua mossa in libertà vigilata.
King of everything è il singolo di debutto dell’album solista del divo glam pop. La voce adulta e a tratti ruvida si lancia in melodie ottimiste. Perché il pop è ottimista e lo dimostra nei fatti. E nel gossip. E come dargli torto?
Se non amate Boy George né gli anni Ottanta questo disco andrebbe ascoltato solo per la storia che c’è dietro. E per una traccia come It’s easy, una dolcezza folk blues che un dissidente anarchico impegnato a dichiarare morte al sistema non sarebbe mai riuscito a tirare fuori.
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autore: Olga Campofredda