di Sam Mendes con Leonardo Di Caprio, Kate Winslet, Kathy Bates
Un amore come tanti è quello raccontato da Sam Mendes, autore straordinario, padre di American beauty – uno dei capolavori assoluti del cinema degli ultimi dieci anni.
Rose e Jack – di Caprio e la Winslet – si rincontrano vent’anni dopo: non dovranno più affrontare le acque impervie solcate dal mostro Titanic, ma quelle molto più infami e indomabili di una storia d’amore comune.
April e Frank s’incontrano per caso ad una festa, lui è uno scapestrato senza arte né parte, lei un’artista, attrice o presunta tale. Le strade dei due s’incrociano, lungo il bivio tracciato dagli sguardi, le risate inaspettate, un feeling scoccato per caso e due figli qualche anno dopo: il dado è tratto è l’incontro fugace ha già generato un matrimonio, una prole, la casa e una nuova vita in comune.
Riusciranno i nostri eroi a reggere il peso della quotidianità, della normalità, del solito tran tran che annoia un po’ tutti e che, a quanto pare, tutti dovremmo espiare?
Forse è questa la domanda che è alla base del romanzo di Richard Yates (www.minimumfax.com/libro.asp?libroID=445) ripresa da Mendes: è possibile preservare la rivoluzione del quotidiano dettata dalla passione amorosa? Ovvero si può rimanere speciali sempre, anche quando la convivenza tende a normalizzare tutto?
In questo senso Mendes riprende la sua analisi della “normalità” cominciata con “American Beauty” e presa stavolta da un’ottica diversa: nel primo, Kevin Spacey rivoluziona la sua vita sentendosi oppresso da tutto ciò che gli era intorno e che sembrava non appartenergli più; ora due vite inglobate nell’unicum della passione amorosa, vengono inghiottiti dal tran tran quotidiano e chi cerca in tutti i modi di ribellarsi a tale processo naturale rimane sconfitto, debellato.
Solo i pazzi, riescono a comprendere la spinta dettata dalla volontà di rivoluzionare un corso che appare – e, secondo la morale di Yates, è – obbligato. Solo i pazzi riescono ad amare, per il resto vale solo lo spirito cinico e razionale della conservazione della specie.
Detta così l’ultima opera di Mendes sembrerebbe un must da non perdere. Magari lo fosse. Si contano troppe pecche di un riadattamento cinematografico che forse non s’aveva da fare. Quella di April e Jack è una storia troppo poco cinematografica ed esemplare da rendere indimenticabile sullo schermo e poi le parole, troppe, come le discussioni.
Il risultato è che a volte, Revolutionary road risulta insostenibile e noioso.
Proprio come il solito tran tran.
Ma, restano indimenticabili le scene alla stazione centrale di New York: una specie di Quarto Stato fatto di colletti bianchi e cappelli che ricordano, di sicuro, più Hopper che Pellizza da Volpedo.
Autore: Michela Aprea