Terzo album ufficiale per la band polacca che sembrava destinata ad un futuro migliore nel panorama death metal. L’esordio “Human’s Pain” (1998) e il successivo “Murder’s Concept” (2000) ne aveva fatto accostare il nome a gruppi di un certo spessore. L’origine dell’est Europa inoltre li rendeva immuni da ogni commistione musicale, alimentandone la fama in quel sottobosco di ascoltatori -tale era diventato alle soglie del terzo millennio dopo il boom d’inizio anni novanta- che venera da sempre il genere estremo senza compromessi. Poi una serie di coincidenze sfortunate, da contratti-capestro a tempi di consegna non rispettati a produttori non all’altezza (e la mancata uscita dell’album “III”) hanno fatto perdere loro quelle posizioni guadagnate, in credibilità più che vendite, a suon di chitarre trapananti e urlacci assassini ma non la voglia di rimettersi ancora in gioco.
In soccorso del quartetto è venuta una label seria, una di quelle che pesa sul mercato specifico e che può offrire a questo disco un’adeguata promozione. Opportuna quanto meritata, aggiungo io. Costruzioni mai scontate o banali, riffing di una freschezza straordinaria, stacchi al punto giusto e ritmiche differenziate me lo fanno inserire di diritto nella tabella dei migliori dell’anno vecchio e di principio del nuovo.
Quarantasei minuti di attacco sonoro. Le canzoni sono tutte degne, ma una menzione speciale la devo a “Panic In A Sea Of Blood” e “Non Typical Homo”. Una simpatica gag introduce alla brutale “Non Adapted Socially”. Si chiama “Message to Mario” e non vorrei essere nei panni dello sfortunato amico, visto che dopo avergli chiesto come sta (“Hello Mario, how are you?”) caricano i fucili a canna mozza e lo fanno fuori senza tanti complimenti dedicandogli anche un “Fuck You” in chiusura. Altro che gangsta-rap. Quelli si uccidono sul serio, fuori dai dischi, mentre qui si elimina la concorrenza direttamente sul lavoro. In un colpo solo, anzi due. Grande.
Autore: Antonio Mercurio