Sincero: è questa la prima impressione che sia ha ascoltando il quarto album del giovane quanto prolifico artista texano, “Suicide Medicine”, che si presenta, fin dalla prima canzone, come un bel disco pop cantautoriale, che gioca molto con il folk, ma anche con il rock più leggero. E proprio con la prima canzone, “The Light and The Sound”, di recente è stato pubblicato un omonimo EP (secondo nella sua discografia): in effetti, ha tutte le carte in regola per essere un ottimo singolo, molto radiofonico, semplice, diretto, dalla melodia accattivante. Rocky Votolato si era già fatto notare con i suoi Waxwing nel 1996, progetto più rock, e con le numerose collaborazioni con artisti e produttori di Seattle, del giro di Pearl Jam, Botch, Murder City Devils, solo per citarne alcuni. E proprio a Seattle è stato registrato questo album: la produzione non poteva essere più efficace. La chitarra acustica è la principale protagonista, assieme alla voce e alle parole di Votolato (molto belle in “Prison is Private Property”), a cui ogni tanto si affiancano piacevolmente strumenti vintage, quali il piano Rhodes (l’inimitabile piano Fender degli anni ’70), l’armonica (nella dylaniana “Alabaster”) e il violino (“Death-Right”, forse la canzone più strettamente folk). Da Bob Dylan a Bruce Springsteen (quello di “The Ghost of Tom Joad”), Votolato fa suo un patrimonio di folk rock, rivisitato in un personale stile molto pop, che ricorda qualcosa della fine degli anni ’80, soprattutto nelle melodie (penso alla title track, “Suicide Medicine”), che è l’anima di tutto l’album. Immancabile il lento “The City is calling”, una ballata molto dolce. Un disco da far scivolare in macchina, e a cui abbandonarsi lungo la strada.
Autore: Lucio Auciello