Sono la band preferita dei We Are Scientist, questi Cinematics. Così apprezzati oltreoceano, che il chitarrista dei WAS ha perfino ottenuto un cameo nel video di Break, primo singolo della band di Glasgow, tratto dall’album di esordio del 2007, A Strange Education. Nonostante tutto, il sacro oracolo dell’NME era stato chiaro: suonano cose che gli Editors facevano già due anni prima e i Joy Division hanno anticipato di decenni. Dopo due anni da questo alquanto polemico debutto i Cinematics (che di preciso vengono da Dingwall, vicino un certo posticino chiamato Loch Ness) sono ancora a galla. L’acqua alla gola forse, ma una bella faccia tosta da tenere in mostra. In due anni hanno avuto il tempo di meditare sul vecchio album e di farne uno nuovo, Love and Terror, di prossima uscita. Ma due anni, a giudicare dalla seguente intervista, sono serviti soprattutto a costruire una serie di giustificazioni convincenti e abbastanza credibili per rispondere a tutte le critiche ricevute.
Nel 2005 la firma con la TVT records, ma il primo disco esce solo nel 2007. Due anni di gestazione sono tanti. Che cosa è successo tra queste due date?
E’ stata tutta colpa della TVT Records. Ci proponeva date in continuazione, protraendo così le registrazioni, così l’album è uscito molto più tardi del previsto. Questa cosa ci ha molto penalizzati in effetti: prima del 2007 noi avevamo idee che potevano risultare fresche, invece con questa dilatazione di tempi le tracce hanno perso in originalità. È stato frustrante.
Moltissime recensioni, trattando dei Cinematics, tendono a sottolineare il forte gap che si percepisce tra i vostri live e le registrazioni in studio, che invece rendono molto di meno rispetto agli show dal vivo. Come ve lo spiegate?
Penso che sia il dovere di ogni band quello di risultare migliore live che nell’album. Dal vivo c’è più passione, l’album è solo qualcosa da dare al pubblico per poter vivere la band anche quando questa non è presente. Per il resto, c’è da dire anche che abbiamo prodotto con Stephen Hague, che ha sempre lavorato con band particolarmente adatte al lavoro da studio (Blur, New Order, Pet Shop Boys). Noi siamo energici, Cinematici ed emozionali. L’approccio al nuovo disco è stato differente, speriamo così di coprire lo scarto che ha caratterizzato il primo.
Siete stati spesso accostati a gruppi anni ottanta, inserendovi così nell’ondata di revival che molti gruppi indie di ultima data hanno cavalcato. Quanto c’è di vostro in tutto questo prendere dal passato?
Non siamo d’accordo su molti dei nomi a cui siamo stati accostati dai media, soprattutto sui Joy Division. C’è sicuramente un elemento anni ottanta nel nostro sound, soprattutto nelle chitarre, ma prendiamo queste influenze per elaborarle in senso più rock ed andare oltre. La voglia di revival ha portato la musica indietro, quando invece dovrebbe seguire un percorso lineare verso il futuro.
Una delle canzoni più riuscite del primo album è Race to the city, un approdo alla metropoli che vi riguarda da vicino, dato che siete arrivati a Glasgow da un piccolo paesino scozzese delle Highlands. Com’è stato l’approccio alla grande città?
Viviamo a Glasgow da dieci anni ormai. Io personalmente (Scott Rinning, il cantante ndt) non mi sentivo in sintonia con la città in cui vivevo: lì si vestono tutti allo stesso modo, ascoltano la stessa musica e se la pensi diversamente da loro sei un coglione. Volevo scrivere una canzone che smascherasse questo modo di vivere e ne prendesse le distanze, così l’ho fatto.
La TVT records era un’etichetta americana. Dopo il suo fallimento è arrivato il nuovo contratto con la Orchad, di New York. C’è un motivo particolare che vi ha spinto a rifiutare una brit label?
(Ramsay Miller, il chitarrista, fa il gesto dei soldi con le dita)
Non si parla di soldi che vanno esclusivamente a noi, quanto piuttosto di quelli che l’etichetta aveva a disposizione per promuoverci e farci fare più live possibile. La Orchad può permetterci di fare ciò che vogliamo, cioè diventare la migliore band del mondo. Oltretutto la gente tende sempre ad etichettare una band in base al luogo da cui proviene: noi non vogliamo essere una band di Glasgow né delle Highlands. Noi siamo i Cinematics.
Diteci qualcosa di questo nuovo album…
Si chiama Love and Terror. È stato scritto tra il fallimento della TVT e la firma con la Orchad. Parla di noi in modo sincero…non eravamo sicuri di pubblicarlo, perché all’inizio suonava troppo personale: i testi raccontano della nostra vita, le nostre relazioni, ma in questo senso può considerarsi un disco autentico. Il pubblico può rapportarsi meglio a noi leggendo i nostri nuovi testi. È un album più maturo, più saggio e profondo e a livello di sound è completamente differente. Puoi trovare analogie con i Joy Division perché è molto dark, ma se ascolti le chitarre e ti concentri sui testi risulta davvero cinematico!
Cosa intendi precisamente quando dici “Cinematico”?
Qualcosa di nostro. Di molto particolare che non caratterizza in alcun modo altre band o produttori. Alcuni produttori diventano famosi per aver lanciato una band o un suono specifico, ma noi possiamo dire di aver creato da soli il nostro sound. Non cerchiamo di fare canzoni di nicchia, sono pur sempre canzoni pop, noi stessi abbiamo registrato le tracce, perché non ci fidavamo di affidarle ad un produttore che avrebbe rimaneggiato pezzi che sentivamo troppo nostri. Ci abbiamo messo quattro settimane a registrare: questo disco non vuole essere “figo”, non vuole conquistare nessuno, abbiamo fatto solo quello che amiamo fare nel miglior modo possibile (Il primo singolo è già scaricabile online dal loro myspace, ndt).
Che cosa ne sarà dei Cinematics tra dieci anni?
(Ramsay) Pensiamo giorno per giorno…
(Scott) Ovviamente mi piacerebbe diventare una di quelle band che guadagnano 100 miliardi di dollari in un solo concerto, ma questa è l’ambizione di ogni band del resto. Continueremo così, andremo avanti e vedremo cosa accade. Magari non ci saremo neanche più tra dieci anni!
(Ramsay) Qualcuno in galera, qualcuno sarà morto…magari non resterà nessun membro originale…
(Scott) Adam sarà quello che muore per il troppo bere (il bassista, ndt).
(Ramsay) Io sarò in carcere di certo. Non so per quale motivo ma dieci anni è un periodo abbastanza lungo per inventarsi qualcosa. Almeno però voglio fare un altro paio d’album. Ecco, forse andrò in carcere dopo che la gente li avrà ascoltati.
Autore: Olga Campofreda
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