Spostato con poche ore d’anticipo dal parco Virgiliano al teatro Bolivar, questo concerto ad ingresso gratuito attira circa 300 persone, per la maggior parte giovanissime, e ad aprire ci sono i napoletani Slivovitz, che promuovono il loro disco d’esordio intitolato Hubris, cui sono giunti dopo un’intensa e generosa attività live su palchi di ogni dimensione e contesto, qui in città; molto giovani, ma già navigati musicisti, gli Slivovitz suonano il loro set di jazz moderno, strumentale (stasera senza la voce femminile), che raccoglie influenze le più disparate: dalla fusion, al klezmer, ad atmosfere mediterranee, con un’anima be-bop caratterizzata da sax, armonica e tromba, ed una sezione elettrica vigorosa, ritmi molto vari, dai più delicati sino alle soglie del jazzcore (c’è un loro brano che s’intitola: ‘Zorn a Surriento’…!). Molto precisi, ma anche affiatati e rilassati, gli Slivovitz divertono e si divertono, si esibiscono in 7 ed in formazione hanno anche un violinista elettrico. Tra i brani proposti, spicca ‘Egiziaca’.
Salgono poi sul palco i milanesi Arm on Stage, quintetto elettrico capitanato da Folco Orselli (voce e chitarra) di cui ricordiamo i due discreti dischi solisti in lingua italiana, e da Stefano Piro al mellotron.
Il gruppo ha anch’esso un album alle spalle, intitolato Sunglasses under all Stars, cantato in lingua inglese e composto dalla band attraverso la sintesi finale in studio di lunghe jam session registrate in campagna nel giro di 15 giorni. Il loro set si libera presto di un leggero imbarazzo iniziale, e si rivela entusiasmante, sospeso tra rock blues tradizionale di derivazione anni 70, grunge, una vena psichedelica magari da coltivare ancor di più, derivante soprattutto dai suoni spiritati del mellotron, ed il canto coinvolgente ed impeccabile di Folco Orselli, che in alcuni momenti ricorda Chris Cornell, o David Crosby. Il gruppo presenta in pratica l’intero disco, tra cui ‘The Mouse In The Cornflake Box’ e ‘Spiritual’, e tutto sommato risultano credibili malgrado la scelta della lingua inglese.
Tocca finalmente ai Nobraino, attesissimi, forti delle loro apparizioni televisive nel programma Parla con Me condotto da Serena Dandini, su Rai 3, programma che proprio in questa settimana pare abbia avuto l’autorizzazione della Rai ad andare nuovamente in onda, dopo le solite, ormai noiose, oscurantiste, intimidatorie minacce di soppressione. La loro presenza scenica è molto forte, grazie ai carnevaleschi vestiti di scena e alla teatralità del cantante Lorenzo Kruger, che recita una parte surreale, tra l’ubriaco, Charlie Chaplin, Fred Buscaglione, Elio, Tom Waits, il cabaret francese d’inizio Novecento, e riesce ad entusiasmare il pubblico dandosi completamente: scende a cantare tra le poltroncine, che a fatica contengono i ragazzi sovraeccitati, e accennando il pogo e fingendo la rissa sotto il palco. Il quintetto è molto preciso, ed il chitarrista Nestor Fabbri, principale autore delle musiche, ed il trombettista David Barbatosta, si distinguono particolarmente. Ma è la voce di Lorenzo Kruger, oltre alla sua clamorosa presenza scenica, a fare realmente la differenza. Una voce bassissima, da vero crooner, capace di qualunque traiettoria, che narra storie che in parte ricordano i racconti tragicomici da balera del primo Vinicio Capossela. Il gruppo esegue in pratica l’intero repertorio, aprendo l’esibizione con ‘Grand Hotel’, e proponendo nella parte finale le divertenti ‘Titti di più’ e ‘Narcisisti’.
Piccolo neo, la patetica protesta dell’anziano proprietario del teatro, che si copre di ridicolo tentando di mettere ordine nell’esibizione, rimproverando al cantante l’eccessiva (!?) esuberanza nel roteare in aria una lampada.
L’impressione, stasera, al concerto dei Nobraino, è di aver visto, nell’attimo in cui spicca il volo, un gruppo dalla fortissima personalità, divertentissimo, destinato a fare molta strada.
Autore: Fausto Turi
www.myspace.com/nobrainomusic – www.myspace.com/armonstage – www.myspace.com/slivovitz