E’ un dato di fatto che ormai i video e l’iconografia legata al mondo della musica abbiano raggiunto un punto di non ritorno. Al pari della musica stessa, l’importanza di un bel video (ma vale lo stesso discorso per il booklet di un cd, un servizio fotografico ben riuscito e via discorrendo) è un aspetto di primaria importanza, specie in ambito major, dove i budget per questi settori sono più che cospicui onde cercar di far breccia nell’immaginario dei ragazzi più giovani e facilmente suggestionabili .
Come in tutti i campi della creatività umana, c’è chi mette il proprio ingegno al servizio dei ritorni economici più biechi e chi, fortunatamente, è capace di trasmettere emozioni senza rinunciare all’unicità del suo estro, offrendo un ulteriore chiave di lettura dell’altrui opera (un poco ciò che avviene quando si parla dei remix di una canzone). In particolare, nel campo dei video musicali, mentre prima i registi dei clip musicali rimanevano dei nomi conosciuti solo dagli addetti ai lavori (tranne in casi di registi cinematografici famosi, come il John Landis che diresse il video di “Thriller” di Michael Jackson), oggigiorno la situazione si è invertita.
Tanto è vero che già da qualche anno esiste addirittura una collana di dvd monografici, “The Director’s Series” nella quale sono raccolti i lavori (ma abbondano anche gli extra, i booklet e i commenti degli artisti coinvolti) di alcuni fra i più interessanti autori di videoclip musicali. Se nel 2004 Spike Jonze, Michel Gondry e Chris Cunningham furono i nomi prescelti per dar vita a questa serie di pubblicazioni ora tocca a Mark Romanek, Stephane Sednaoui, Jonathan Glazer e Anton Corbijn ricevere lo stesso trattamento. Sebbene ognuno dei quattro abbia a suo modo creato un riconoscibilissimo “linguaggio” visivo, in questa sede la nostra attenzione si concentra sul veterano Anton Corbijn. Corbijn nasce nel 1955 in uno sconosciuto villaggio olandese, Strijen. Lì, fin da piccolo, coltiva la sua passione per la fotografia e le arti in genere, compresa la musica. A causa del forte interesse per le sette note si trasferisce in Inghilterra, dove comincia a lavorare da fotografo free-lance per alcune testate musicali britanniche (in particolare il New Musical Express). I suoi scatti, spesso svelano un malcelato amore per il bianco e nero, tecnica nella quale diverrà un vero maestro e che applicherà successivamente anche nei suoi cortometraggi quando necessario.
In particolare egli si occupa anche in prima persona dello sviluppo delle foto da lui realizzate, un fattore decisivo nel creare particolari effetti “visivi”, ricorrendo così in modo assai parco alla tecnologia. Negli anni ’80 diventa uno dei fotografi più richiesti in ambito musicale (ben presto allargherà i suoi orizzonti anche ad altri campi). All’epoca molti musicisti gli chiedono di dirigere i loro videoclip (una fenomenologia che, proprio in quel periodo, prenderà piede per poi affermarsi, a livello globale, come uno dei massimi sistemi di auto-promozione mass mediologica). In principio assai recalcitrante nell’accettare una simile eventualità, causa un’insicurezza di fondo legata alle sue capacità di regista, Corbijn infine accetta la nuova sfida, dimostrandosi un cineasta altrettanto valido. Sia nel campo fotografico che in quello dei video, il suo personalissimo tocco consiste nel creare dei contesti che esaltino l’immaginazione dello spettatore. Più che raccontare delle “storie”, egli crea delle allegorie che alcune volte si allontanano nettamente dal senso che sottintende il singolo brano (ovviamente ciò riguarda soprattutto i clip, come nel caso di”Enjoy The Silence” dei Depeche Mode, dove la dolcezza del brano viene riletta attraverso il perenne peregrinare di un re con la sua sedia a sdraio…).
Marcato è pure l’uso di riferimenti religiosi che, nel suo caso, rimandano ai ricordi infantili del padre fervente pastore, ma che in generale l’aiutano a creare delle forti sensazioni di conflitto tra l’uomo e l’ultraterreno. Nel dvd, “Heart-Shaped Box” dei Nirvana o “Walking In My Shoes” dei Depeche Mode, rappresentano un buon esempio di quanto appena detto. Altrove ci sono cortometraggi, tipo “Electrical Storm” degli U2, in cui il contrastato amore dei protagonisti viene esaltato da immagini in bianco e nero che danno un senso di ulteriore inquietudine e trasmettono un sentimento di rara bellezza. Certo, nel caso di Corbijn, ci sarebbe molto altro da raccontare. Presto lo si potrà osservare nelle vesti di regista a tutti gli effetti, dato che a breve porterà a termine pure le riprese del suo primo film, dedicato alla prematura scomparsa di Ian Curtis, il leader dei compianti Joy Division. Partire dalla visione di questo dvd a lui dedicato è già, comunque, un buon inizio…
autore: Luca M. Assante