In poco tempo ti sei costruito un tuo spazio nella nuova scena musicale italiana. Le partecipazioni a “Parla Con Me”, “Premio Tenco”, “Premio Gaber” e al concerto del Primo Maggio ti hanno fatto conoscere in tutta Italia e ti hanno concesso sempre più popolarità. Il 15 Marzo è uscito il tuo nuovo album, “Supersantos”, che è stato accolto in maniera piuttosto calorosa. Ma tu, Alessandro, ti aspettavi di raggiungere questo status così velocemente?
Non è stato totalmente inaspettato. Ero uno sconosciuto, ma suonavo già da 10 anni e quando hai una lunga gavetta alle spalle la vita te la sei giocata su questa cosa. Avevo quasi 30 anni al primo album e lì non te ne frega niente del successo. Però, quando arriva, sei più pronto rispetto a uno che gli arriva dall’oggi al domani, con una canzone dell’estate, magari. Poi si deve cercare di rimanere con i piedi per terra, essere umili e continuare a fare le cose con amore.
Sei stato spesso accostato a Vinicio Capossela. Sarà un grande onore, ma non rischia di diventare un’etichetta da cui potrebbe essere difficile svincolarsi?
Molti giornalisti hanno usato questo accostamento. In Italia, purtroppo, ci sono abbastanza ignoranti. Intendo dire che anche Vinicio Capossela si è ispirato ad un certo tipo di musica ed ha attinto ad un certo tipo di musica ed è la stessa a cui attingo io, la musica popolare e quella balcanica, piuttosto che il Blues, Tom Waits e altre cose.
Il complimento mi lusinga, però trovo che ci siano delle differenze molto grandi nel modo di scrivere e di essere. Siamo persone diverse e questi paragoni lasciano il tempo che trovano. La musica va ascoltata e basta. Tutto si interpreta e reinterpreta.
I paragoni, gli accostamenti, cercare un nome, dire “questo è un misto fra questo e quest’altro” è superfluo. È tutto un misto, tutto è influenza e tutto si reinventa. Ogni artista nel proprio campo interpreta il proprio tempo con i mezzi e la cultura che ha a disposizione.
Purtroppo, troppi giornalisti si approcciano alla musica con molta freddezza, forse un po’ perché rosicano perché sono costretti a parlarne. Forse volevano farla e parlano troppo perché non possono suonare.
“Svegliatevi Italiani” è un brano che riassume la tua posizione politica, che è già abbastanza chiara ascoltando tutti tuoi brani? Cosa ne pensi dei temi caldi che abbiamo affrontato durante gli ultimi referendum?
Il nucleare è una forma di sfruttamento dell’energia sporca ormai superata e si tratta di interessi degli stessi privati che stanno al governo. In Italia abbiamo risorse come il sole, presente tutto l’anno, ma si preferisce il nucleare per una questione di appalti, quindi di interessi privati. È un po’ come la Salerno-Reggio Calabria. Idem con l’acqua, è impensabile che l’acqua sia a pagamento. È un’appropriazione indebita. Esiste una lobby di multinazionali, di grandi imprenditori che governano il mondo e che hanno scelto di impadronirsi dell’acqua. L’acqua è nostra, lasciamola su questa terra, siamo fatti noi stessi di acqua.
Quali sono le influenze musicali e non di Mannarino?
Assorbo tutto quello che ascolto. Mi trovo molte volte, anche nell’arrangiamento dello stesso pezzo, a prendere ispirazione da cose che ho sentito e molto diverse fra loro. Uso il mio gusto che si forma quando ascolto. Poi c’è la fantasia, che è libera e va da sola, che non c’entra niente col gusto ed è un puro lasciarsi andare. Con la musica si dà alla fantasia ancora più valore. Mentre nelle altre arti, con le immagini, la fantasia è vincolata, è qualcosa di più percettibile e incontestabile di una melodia che ti risuona a livello inconscio e ti fa vivere delle emozioni che sono diverse da ogni persona rispetto a quello che ti fa vivere un’immagine.
“Al Bar Della Rabbia” è il tuo primo pezzo che mi ha colpito ed incantato. Tutta la rabbia e la rassegnazione degli “sconfitti” in uno stornello amaro. Ce n’è anche per la giustizia che si trasforma in boia e si scaglia sugli indifesi. Continuiamo a bere senza dissetarci, ma c’è molto da cambiare in noi stessi, in questa Italia e non solo. Ma la speranza rinasce con la fantasia e l’innocenza. Possiamo trasformare in forza positiva questa rabbia?
Lo hai detto tu. Con la fantasia, concreta. La fantasia uno crede sia un dono di Dio, dall’alto, mentre la fantasia viene dal basso, dal concreto, dalla vita, dai piedi per terra e dal rapporto con la vita. Anche quando ho scritto quella canzone ho usato la fantasia. Era un pomeriggio ed affaciandomi al balcone ho pensato a qualche motivo per buttarmi giù. Invece ho scritto una canzone.
in collaborazione con GiornaledelCilento.it Autore: Franco Galano
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